Quei magnifici amici dello spazio
Mettete in mano ad un bambino un nuovo giocattolo e lui creerà subito un mondo fatato attorno ad esso. Il quasi quarantasettenne regista James Gunn, almeno da un punto di vista anagrafico, bambino non è certo più; ma lo è di certo rimasto interiormente, evidenziando ad ogni film girato di possedere quel tocco magico capace al contempo di meravigliare lo sguardo altrui nonché stringere il cuore dall’emozione. Con Guardiani della galassia Vol. 2 non solo Gunn dimostra una volta per tutte di aver compiuto un pregevolissimo lavoro di emancipazione cinematografica rispetto al fumetto creato nel 1969 da Arnold Drake per i testi e dal mitico Gene Colan per i disegni, poi ulteriormente arricchito dall’apporto in restyling dal duo composto da Dan Abnett e Andy Lenning; ma si conferma abilissimo storyteller in grado di affabulare il suo pubblico attraverso una continua, incessante, vertiginosa parabola oscillante tra cinefilia orgogliosamente esibita e intreccio che non trascura affatto tematiche di un certo peso. Nel caso di questo secondo capitolo non si limita infatti a proseguire il pregnante discorso sull’amicizia – che già aveva preso le mosse in Guardiani della galassia (2014) – come perno fondamentale di una qualsiasi coesione sociale, in modo se possibile ancora più empatico; non pago di ciò Gunn, anche sceneggiatore, alza ulteriormente l’asticella “affettiva” nell’ambito del suo ultimo lavoro, introducendo una tematica edipica di padri biologici e surrogati, in senso lato, sviluppata davvero con fine intelligenza e rarissima sensibilità d’animo. Senza rovinare le sorprese scaturite dai molteplici colpi di scena previsti dallo script, diciamo solo che l’attore feticcio del regista-sceneggiatore, il grande Michael Rooker nei panni di Yondu, avrà una sorte diegetica di quelle destinate a gloria imperitura nella memoria degli spettatori.
Tutti tornano e qualcuno arriva, in Guardiani della galassia Vol. 2. Se alcuni film supereroistici targati Marvel – tipo il recente Captain America: Civil War (2016) – avevano l’acutezza degli happening warholiani, questa messa in scena da Gunn sembra più un’allegra rimpatriata di amici, anche perché eroi non si sono mai sentiti. Già il prologo, con un Kurt Russell tornato per magia digitale giovane come ai tempi delle commedie Disney d’esordio, e in aggiunta un Sylvester Stallone al naturale in veste di pragmatico leader ormai sul viale del tramonto, delineano ancora una volta l’obiettivo su cui punterà James Gunn in questo suo secondo exploit intergalattico: rivalutare cioè quel tipo di fantascienza a torto pregiudizialmente considerata popolare e perciò “bassa” – a titolo di esempio potremmo citare il sempiterno Guerre stellari (1977) di George Lucas, o almeno alcuni suoi momenti – per farne epica e poesia da par suo, mediante un metodo, già ampiamente sperimentato in opere quali il geniale Super – Attento crimine! (2010), modo tutto personale di rileggere la cosiddetta serie B in chiave puramente emozionale. In fondo anche la saga di Guardiani della galassia, al pari del film appena menzionato, riguarda personaggi che sognano, nello sterminato universo, un presente ed un futuro migliore della mediocrità che affligge il loro macro-cosmo. Ed è proprio tale pulsione utopica, perfettamente sovrapponibile al genere in questione, che permette a Gunn di far entrare lo spettatore nell’intimo degli animi dei protagonisti, condividendone sentimenti e riflessioni oltre ovviamente alle avventure dal ritmo frenetico a cui andranno incontro anche in Guardiani della galassia Vol. 2. E che rendono il lungometraggio in questione uno spettacolo purissimo per la gioia sia dei più piccoli che si fermeranno ad un primo livello di fruizione, sia degli adulti, i quali potranno godere della moltitudine di sottotesti “seri” disseminati ad arte qua e là nel corso del film. Magari da sviscerare con attenzione ad un pubblico di under 14, nel nome di un ritrovato dialogo genitori/figli che peraltro calzerebbe a pennello con il film.
Forse, più o meno inconsapevolmente, abbiamo dato una delle tante definizioni possibili per coloro che aspirano alla prestigiosa etichetta di autore cinematografico.
Daniele De Angelis