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Fulmini e Saette

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VOTO: 7.5

Cenetta romantica con (super)sorpresa

Da qualche anno a questa parte, i supereroi e le supereroine approdati e approdate sul grande schermo nei vari superhero movie o cine-comics prodotti alle diverse latitudini hanno smesso di essere creature fisicamente e mentalmente indistruttibili, dotate oltre che di straordinari poteri anche di una corazza emotiva impossibile da scalfire o da penetrare. Di fatto, gli sceneggiatori e gli autori delle matrici originali dei quali i suddetti film sono le trasposizione più o meno fedeli hanno iniziato a dipingerli come esseri portatori di un qualcosa che può essere al contempo un dono tanto quanto una condanna, uno strumento per riportare ordine tanto quanto un fardello da caricarsi sulle spalle. Di conseguenza, abbiamo cominciato ad avere a che fare con figure più problematiche, dai profili caratteriali complessi e dalle moltiplici sfumature.
Il risultato sono degli identikit tridimensionali che ne mettono in mostra l’altra faccia della medaglia, ossia quel lato B fatto di fragilità, paure, sofferenze, tentazioni, dilemmi e incertezze, in grado di renderli meno “altro” e più umani con i quali empatizzare, creare un filo diretto e condividere gioie e dolori, esattamente come accade alla protagonista di Fulmini e Saette. Lei è la Donna Saetta, una supereroina che può muoversi a velocità supersonica e teletrasportarsi, vigilando sulla città e i suoi abitanti. Ma, per affrontare la vita di tutti i giorni, a volte i superpoteri non bastano.
E infatti nella sua ultima fatica sulla breve distanza Daniele Lince, già autore dei pregevoli e intensi reVirgination e Il ragazzo che smise di respirare, cala il personaggio di turno in un contesto quotidiano e domestico, alle prese con una comunicazione importante da dare al consorte e delle dinamiche affettive e familiari che la spingono a mantenere i piedi – figuratamente parlando – ben ancorati alla terra ferma. La missione da portare a termine questa volta non riguarda la salvaguardia e la giustizia nel mondo, ma una delicata questione privata che cambierà in maniera radicale la sua vita e quella del compagno, ignaro come da tradizione dell’identità di colei che le sta accanto. Ovviamente non vi riveleremo di cosa si tratta, ma quanto accadrà tra le quattro mura dell’appartamento che fa da cornice al cortometraggio del regista piemontese regalerà al pubblico una bella dose di sorrisi, qualche risata e un coup de théâtre non del tutto imprevedibile ma comunque ben assestato.
La difficoltà maggiore di operazioni come Fulmini e Saette, inscrivibile per DNA in un filone così abusato e prolifico da risultare sempre meno originale, poiché esplorato in tutte le salse possibili e immaginabili, sta proprio nella semplicità di un plot che mira all’essenziale e che non ha bisogno di vorticosi giri drammaturgici per arrivare diritto al punto. C’è una sottile linea mistery che alimenta l’architettura portante, ma è l’anima rom-comedy che scorre nelle vene della timeline il vero motore portante di una visione piacevole, divertita e scorrevole. Questa altro non è che il figlio legittimo e il frutto maturo di una piccola e sentita riflessione giocosa sul ruolo della donna e dell’uomo all’interno di una coppia, ma anche in generale nella società. Il tutto ruota intorno a un quesito secco: quanto un uomo può sentirsi disorientato davanti ad una donna più forte di lui? La risposta sarà la visione a darla, ma sappiate che il “duello” e le schermaglie amorose che prenderanno forma e sostanza sullo schermo non vi deluderanno di certo, strappando inevitabilmente un cenno di assenso.
Fulmini e Saette è un divertissement che assolve al compito che si era prefissato sin dall’inizio e senza pretese autoriali. In soli sei giri di lancette fa quello che molti progetti sulla lunga distanza non riescono a portare a termine (vedi La mia super ex-ragazza di Ivan Reitman), poiché concentrati prima sulla spettacolarità della confezione e poi sulla scrittura. Lince e il suo staff, a cominciare dallo sceneggiatore Federico Fasulo, lavorano sulla semplificazione del detto per arrivare alla funzionalità del mostrato. Il tutto ben supportato da una coppia di interpreti (Carolina Crescentini e Mario Sgueglia) affiatata e ben amalgamata, da una regia sicura nelle scelte visive e nella direzione, oltre a una fotografia e a un montaggio che trovano nei VFX una valida spalla sulla quale contare nel momento di bisogno.

Francesco Del Grosso

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