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Il ragazzo che smise di respirare

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VOTO: 6.5

Voglia di aria pulita

Da qualche tempo a questo parte l’ambiente e la sua difesa hanno un’alleata in più. Il suo nome è Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese per lo sviluppo sostenibile, che a suo modo si scaglia contro i cambiamenti climatici in atto. È nota per le sue conference alle varie latitudini, ma in particolare per le manifestazioni regolari tenute davanti al Riksdag a Stoccolma con lo slogan «sciopero scolastico per il clima», che l’hanno trasformata in un vero e proprio fenomeno mediatico a livello planetario. Ma Greta non è l’unica paladina in circolazione, perché come lei nel loro piccolo ci sono tanti altri giovani e agguerriti “combattenti” che si battono ogni giorno per la tutela dell’ambiente. Tanti da ispirare con le rispettive storie il personaggio protagonista del cortometraggio Il ragazzo che smise di respirare, presentato fuori concorso alla seconda edizione del Saturnia Film Festival dopo un fortunato tour nel circuito festivaliero.
La pellicola diretta da Daniele Lince e prodotta da Elena Beatrice ci porta al seguito di Max, un undicenne ossessionato dall’inquinamento atmosferico che decide di smettere di respirare – o almeno vuole farlo il meno possibile per vivere più a lungo. Lo confessa a Erika, la sua migliore amica: la notizia non la sorprende. Sorpresi invece sono i genitori di Max quando lo scoprono impegnato in uno dei suoi esercizi quotidiani di apnea. I genitori lo portano da uno psicologo che, nel tentativo di aiutarlo, fa cambiare forma alla sua ossessione.
Il regista piemontese firma un coming of age che porta con sé e si fa carico non solo di un messaggio ecologista di indubbia importanza e di gran parte dei temi e degli stilemi classici del romanzo di formazione (conflitto generazione e familiare, crescita e ricerca della propria identità), ma anche di un argomento dal peso specifico non indifferente. Se sul piano del filone giovanilistico Il ragazzo che smise di respirare si muove, infatti, su traiettorie ricorrenti e immancabili (l’amicizia e lo scontro-incontro in ambito domestico), da quello più squisitamente contenutistico lo short presenta nel DNA, in una chiave assolutamente originale, una riflessione lucida e delicata sul problema dei disturbi d’ansia durante l’infanzia e l’adolescente di cui almeno un bambino su dieci soffre e con i quali dovrà fare i conti in età adulta. Ed è qui, ossia nel modo in cui Lince pone l’accento su questo difficilissimo tema e lo affronta senza timori, che la pellicola trova il suo vero perché e il motore portante. Il tutto con un tocco di leggerezza e di verità che caratterizza la scrittura, la messa in quadro e soprattutto la direzione degli attori, a cominciare da quella di Alex W. Syed che veste i panni di Max.

Francesco Del Grosso

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