La libertà sotto la cenere
Girato in un raffinato bianco e nero, Francuz (A Frenchman), del russo Andrej Sergeevič Smirnov, ci porta in una inedita Unione Sovietica degli anni ’50, tra dittatura ed aneliti di libertà della gioventù moscovita.
Un viaggio, quello del protagonista, che si colloca perfettamente in equilibrio tra il percorso di formazione ottocentesco e la ricerca delle proprie origini, mentre l’estetica del film ed i suoi riferimenti, soprattutto nei dialoghi e negli incontri tra studenti parigini, con la guerra d’Algeria alle porte, rimanda alla Nouvelle Vague degli anni 50. Lo stesso protagonista, il giovane studente Pierre Durand (un affascinante ed etereo Anton Rival), sarebbe stato un perfetto personaggio di un film di Truffaut, almeno per quella parte di film incentrata sulla storia d’amore con la ballerina russa Kira Galkina (Evgenija Obraztsova).
Ma in Francuz c’è molto altro: il film, presentato alla 32ma edizione del Trieste Film Festival, è soprattutto una finestra su un mondo misconosciuto visto con gli occhi imparziali di uno straniero ‘nato libero’, è il suo sguardo sui fermenti culturali e la voglia di libertà che ardevano nella gioventù moscovita degli anni 50, tutt’altro che impermeabile al richiamo dell’Occidente, nonostante la rigida dittatura sovietica. D’altronde, negli anni a cavallo tra i Cinquanta ed i Sessanta, nell’URSS c’era un clima di distensione e relativa libertà che permise una superficiale contaminazione, consentendo, per fare un esempio, il diffondersi della musica Jazz, almeno nelle cantine underground; ed è in questo momento storico che si colloca il viaggio del protagonista, Pierre Durand, studente francese (ma di madre russa) che nel 1957 partecipa a quello che potrebbe essere un precursore del moderno progetto universitario Erasmus: parte infatti per un tirocinio presso l’università di Stato di Mosca.
Qui, oltre allo studio, il giovane, comunista occidentale, legherà con alcuni suoi coetanei russi che lo porteranno alla scoperta della clandestina cultura alternativa liberale moscovita ed all’amore proibito con la ballerina Kira; al contempo, Pierre indagherà sulle sue radici, alla ricerca del padre biologico, l’ufficiale Tatiscev, le cui tracce si erano perse dopo il suo arresto negli anni Trenta. in questa ricerca, Pierre scopre e ci mostra l’altro lato del comunismo; quello della dura repressione, dei campi di concentramento, di vite oppresse in un regime totalitario segnate da dolore e soprattutto da paura. Paura che emerge continuamente, nel timore costante di essere spiati, nelle riunioni segrete nei locali, nelle pubblicazioni clandestine, finanche nella impossibilità di amare liberamente.
Paura, oppressione, sono i pericoli di una società in cui ogni libertà di espressione viene soffocata da un regime totalitario, sia esso di natura fascista o comunista; ma con Francuz il regista Smirnov ci lascia soprattutto un messaggio di speranza e di resistenza ad ogni tentativo di annullare la libertà politica e culturale: il film è infatti dedicato alla memoria di Aleksandr Ginzburg, uno dei primi dissidenti della dittatura sovietica, che qui possiamo quasi riconoscere nel temperamento del fotografo ribelle Valera Uspenskij (Evgenij Tkačuk).
Michela Aloisi