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Foudre

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VOTO: 8

Mistero nella Fede

Prima di addentrarsi in zone minate su discorsi relativi agli integralismi di altre religioni, a noi abitanti della civile e progredita Europa converrebbe lanciare uno sguardo ben approfondito a Foudre, opera prima in solitaria della regista svizzera Carmen Jaquier presentata nell’ambito del concorso ufficiale Progressive Cinema alla Festa del Cinema di Roma 2022, dopo il passaggio in altre kermesse festivaliere.
Siamo nel 1900, in un remoto villaggio rupestre della Svizzera meridionale. Elisabeth è stata richiusa in convento dai genitori all’età di dodici anni. Trascorso un lustro la madre superiora la informa della morte della sorella maggiore. Dovrà quindi tornare al luogo natio per aiutare la famiglia nel lavoro e badare alle sorelline più piccole, da lei in pratica mai conosciute. Sia i genitori che le sorelle evitano con cura di nominare la congiunta scomparsa, nonostante Elisabeth cerchi di andare in fondo alla verità sulla fine della sorella alla quale era molto legata. Il casuale ritrovamento di un diario, cucito in un abito, farà forse luce sulla tragica vicenda.
Foudre (letteralmente fulmine. In senso lato folgorazione mistica) è un’opera che avvince sin dalle primissime sequenze. Sospeso tra naturalismo simbolico e atmosfere mystery l’esordio di Carmen Jaquier – anche sceneggiatrice – vive di un contrasto opprimente. Quello, atavico, tra spiritualità e carnalità. Un’opposizione artificiosa creata e nutrita da un regime rigidamente patriarcale, che vede la donna, una volta superata l’età adolescenziale, o come generatrice di figli utile alla prosecuzione della specie, oppure come fonte di peccato e perciò pericolosa causa di attrazione per i maschi indigeni.
Leggendo il diario vergato dalla sorella Elisabeth ha un’illuminazione. Il dualismo perverso si può interrompere, i due contesti possono sovrapporsi e divenire uno. La sorella, simbolicamente di nome Innocent, ha pagato con la vita il coraggio di tale esperienza. Elisabeth proverà anche lei ad armonizzare ciò che per la religione cattolica rappresentava (?) il peccato originale e supremo: quello di cedere alla “carne tentatrice”.
Jaquier gira con un rigore degno dei maestri. Richiama alla mente il cinema puro di Robert Bresson, indagatore come nessun altro del sottile confine tra libertà di arbitrio e peccato imposto da sovrastrutture. Foudre pone continuamente interrogativi di assoluta pregnanza, affidando la possibile risposta alle convinzioni ed alla sensibilità del singolo spettatore. Confezione immagini cariche di simbolismo (Elisabeth cammina dentro un torrente, evitando la strada terrena) senza per nulla eccedere in calligrafismi. Rappresentando anzi con poesia il tormento di una giovane donna che chiede alla comunità la semplice ambizione di poter scegliere. Alla fine Foudre è un’ode al coraggio di coloro – colei, in questo caso – che osano sfidare le credenze divine astutamente manipolate dagli uomini per loro esclusivo interesse. Quello di mantenere un potere predominante. Una situazione a cui assistiamo ogni giorno negli angoli più svariati del globo, magari con diverse sfumature.
Giustamente un lungometraggio capace di sedimentarsi a lungo anche dopo la visione, si chiude su una nota di speranza, sia pur venata di amarezza. Perché si deve andare avanti qualunque possa essere il prezzo da pagare. Nella maggior parte dei casi molto alto.
Anche se Foudre pare sia stato ispirato da una vicenda realmente accaduta nella Berlino del secolo scorso, il film sembra anche essere un suggestivo saggio su come trasformare il desiderio in possibilità reale. Anche se ci sarà sempre qualcuno pronto ad interrompere il sogno nel nome di una Fede adottata in modo totalmente contrario al proprio significato originale.

Daniele De Angelis

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