Campanilismi fantastici e dove trovarli
Adesso possiamo affermarlo con certezza: l’immaginifico Thermae Romae (con relativo sequel) non è uscito fuori per caso, Takeuchi Hideki è realmente un geniaccio capace di fagocitare cultura pop in dosi massicce, per rilasciarla sullo schermo sotto forma di lungometraggi invero divertentissimi ma così deliranti, bizzarri e demenziali, da stravolgere definitivamente ogni canone. Anche per Fly Me to the Saitama l’ispirazione è arrivata dall’effervescente universo fumettistico nipponico, nella fattispecie un manga di Maya Mineo. Facendo sue le tracce offerte da tale fumetto, Takeuchi Hideki ha dato poi vita a un film che rimarrà pietra miliare della rappresentazione, quanto mai beffarda, di un accidentato dialogo tra centro e periferia, tra un nucleo e ciò che vi orbita intorno, ovvero tra la baldanzosa arroganza di chi è consapevole di vivere in una capitale importante ed il remissivo imbarazzo di chi abita invece in provincia, una provincia quanto mai depressa e poco considerata. Campanilismi allo stato puro, insomma. E da questa tematica oggettivamente eccentrica, finanche futile, lo scatenato film-maker è riuscito a trarre un potenziale “cult movie”, che tritura letteralmente i più disparati ingredienti della cultura popolare giapponese, dall’odierno star system alle tradizioni enogastronomiche locali.
Il gusto è quello dell’eccesso, della caricatura e del parossistico evolversi della narrazione. All’interno della cornice che vede protagonista una tranquilla, normalissima famigliola giapponese alle prese con la diatriba del giorno, ovvero se sia preferibile la vita a Tokyo o quella in provincia, si sviluppa grazie a un improbabile radiodramma ascoltato in macchina quel surreale inserto narrativo che diviene poi l’anima stessa dello spassosissimo racconto cinematografico. Questo immaginifico detour trascina lo spettatore in una dimensione parodica, alternativa, dove la contrapposizione tra gli abitanti di Tokyo e quelli delle prefetture più “sfigate” che la circondano, in primis la sonnacchiosa Saitama priva di sbocco al mare, ma anche Chiba, Gunma, Tochigi, si trasforma in un delirio fantapolitico potenzialmente distopico sebbene gli esiti siano poi inevitabilmente comici. Riassumere qui la trama potrebbe condurci direttamente alla camicia di forza, cui lo stesso regista pare essersi sottratto per puro caso. Ciò che affascina invece è la spregiudicatezza dell’apparato citazionistico: ambigui rapporti tra giovani eroi androgini stile Shōnen’ai alternati a sfide tra contrapposti Fronti di Liberazione locali, che fanno pensare subito ai Monty Python; visione gerarchica della scuola e relativo clima di sopraffazione presi in prestito da lungometraggi giapponesi ben più selvaggi, violenti, cui si giustappone la parafrasi dei più consumati archetipi del cinema hollywoodiano, con tanto di “valle perduta” nella quale campeggiano animali preistorici svolazzanti e sagome di cartone alla King Kong, per irridere all’arretratezza di una delle prefetture più disagiate. La storia va avanti inglobando parentesi sempre più assurde e momenti di divertimento assoluto. Se alcuni riferimenti burleschi alla società giapponese possono essere meglio compresi, con ogni evidenza, dal loro pubblico, pure l’italica generazione crescita a “pane & cartoni animati” alla quale apparteniamo ha modo di sbellicarsi dalle risate più di una volta: non c’è da stupirsi, quindi, che in questo Far East Film Festival 2019 il film di Takeuchi Hideki sia stato talmente gradito da garantirgli l’ambito Premio MYmovies; e che una parte del pubblico di Udine, al termine della proiezione, si divertisse ad imitare il pittoresco gesto della colomba, segno di riconoscimento del Fronte di Liberazione di Saitama! Immaginando magari di ribellarsi a Trieste, la Tokyo del Friuli Venezia Giulia.
Stefano Coccia