Tabù spezzati
Un documentario frizzante quello di Barbara Miller, presentato nella rassegna di cinema svizzero contemporaneo #DonneFrauenDunnasFemmes, che analizza il fenomeno della demonizzazione della sessualità femminile attraverso i racconti di cinque donne coraggiose che hanno portato avanti non solo il loro diritto di scegliere ma soprattutto la loro femminilità in senso stretto, contro gli ostacoli della tradizione e del fanatismo religioso, spezzando un tabù millenario. Deborah, Leyla, Megumi, Doris, Vithika: cinque donne diverse per origine, religione e storia vissuta, accomunate dalla lotta per il diritto all’autodeterminazione sessuale, si raccontano alla telecamera della Miller, parlando senza censure di organo sessuale e piacere femminile, in un cammino verso l’emancipazione della sessualità .
Deborah Feldman, scrittrice in esilio, racconta della comunità chassidica di Brooklyn, New York, in cui è cresciuta ed è stata costretta a sposarsi in un matrimonio combinato che l’ha obbligata a rapporti sessuali non voluti. La fuga con il figlio e la nuova vita a Berlino, in contrapposizione con il difficile rapporto tra libertà della donna e religione è il fulcro del suo libro, The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots, da cui è stata tratta la miniserie Netflix Unorthodox.
Leyla Hussein OBE, psicoterapeuta britannica di origine somala, da bambina è stata costretta a subire la mutilazione dei propri genitali; pratica ancora diffusa in molti paesi dell’Africa e del Medio Oriente ma anche nelle comunità europee provenienti da quelle regioni. Oggi Leyla è attivista in prima linea contro la MFG, divulgando l’informazione su questa arcaica e brutale pratica mirata ad eliminare il piacere femminile durante l’atto sessuale, con l’organizzazione no profit Daughters of Eve.
Altra attivista per i diritti umani è l’indiana Vithika Yadav Delhi, che con la sua Love Matters promuove l’educazione sessuale occupandosi inoltre di tratta di esseri umani, schiavitù e diritti di genere. Vithika ci racconta di un’India in cui è consuetudine usare ed abusate delle donne, della loro paura anche solo a camminare per le strade da sole, della normalità di molestie continue.
Eclatante, ma non isolato, il caso dell’ex suora bavarese Doris Reisinger, che ha denunciato gli abusi sessuali subiti all’interno della propria comunità religiosa da parte del prete confessore; la sua autobiografia Not Me Anymore. The True Story of a Young Nun, racconta la sua esperienza all’interno della Chiesa cattolica, dal plagio alla violenza subiti.
Differente la storia dell’artista giapponese Megumi Igarashi, in arte Rokudenashiko, cioè ragazza buona a nulla. Creatrice e disegnatrice di manga, ha dato scandalo come scultrice della vagina (manko) ed è stata finanche processata per il suo Manko Kayak, un kayak costruito a forma della propria vagina. Briosa, sorridente, colorata, Megumi ci racconta di come la religione buddista esportata dalla Cina preveda una festa del Pene, sfoggiato in enormi statue di cartapesta, mentre anche solo parlare di vagina è un tabù per le donne giapponesi; d’altro canto, il Paese del Sol Levante è notoriamente il paese delle contraddizioni, in cui tradizione e modernità convivono senza soluzione di continuità, come si vede girando per le città e incontrando uomini e donne vestiti indifferentemente in abiti occidentali, kimono o da cosplayer. Il sesso sembra essere ovunque, dai distributori automatici di indumenti intimi usati femminili ai manga erotici; ma è ad uso e consumo della popolazione maschile, mentre la donna rimane sessualmente arretrata. Da qui la scelta di Rokudenashiko di fare un calco della propria manko ed esporla in tutte le sue forme. Una scelta che, appunto, l’ha portata fino in tribunale; ma Meguri non ha mai perso il sorriso, ricevendo tra l’altro il sostegno del cantante e chitarrista britannico Mike Scott, frontman del gruppo The Waterboys. Artista poi divenuto suo marito.
Deborah, ebrea; Leyla, musulmana; Vithika, indù; Doris, cattolica; Megumi, buddista:
#Female Pleasure ci mostra, con dovizia di particolari ed ironia, come il fanatismo religioso sia ancora oggi nemico della donna, demonizzandone la sessualità ed il corpo impuro. Perché la caccia alle streghe non è finita: ha solo cambiato forma.
Michela Aloisi