Sturm und Drang al femminile
Le donne e il destino, divisi a Berlino. Animato da tanta passione, ritmato al montaggio con uno stile spigliato e a tratti travolgente, incentrato su alcune figure femminili di notevolissimo carisma, Amazonen einer Grossstadt della cineasta elvetica Thaïs Odermatt rientra senz’altro tra le scoperte più liete di #DonneFrauenDunnasFemmesCINEMA, la rassegna di film svizzeri dedicata alle donne che abbiamo seguito nei giorni scorsi.
Amazzoni moderne. La regista le ha incontrate in una capitale tedesca dall’umore mutevole, traboccante di vita, in preda agli impulsi più disparati. Dall’arzilla signora che ha trovato un modo originale di cancellare le scritte neonaziste sui muri, alla sportiva di origine ucraina abituata a non risparmiarsi mai sui ring durissimi dell’MMA. Dalla giovane curda coraggiosa che qualche anno prima combatteva sulle montagne della sua martoriata terra, fino a quella ragazza adottata nel sub-continente indiano, la cui crescita in Germania si sarebbe poi dimostrata irta di difficoltà, sia sul piano dell’inserimento sociale che per il tormentato rapporto con l’assai problematica e bigotta famiglia acquisita.
Affastellando ritratti come questi, Thaïs Odermatt è riuscita a creare un mosaico di storie, di emozioni sofferte, di disillusioni e di speranza, destinato a risultare più coinvolgente man mano che si va avanti. Il merito è in parte dello sguardo provato di queste eroine, dei loro racconti di vita, della loro forza di volontà in grado di bucare prepotentemente lo schermo. Ma c’è dell’altro. La forma assunta da Amazonen einer Grossstadt è quella di un’odissea metropolitana, la cui coralità risalta con inusitato vigore nel caleidoscopio delle esperienze narrate, così come in spazi urbani attraversati sempre spavaldamente. Un timbro affermato sin dall’immaginifico prologo. Sin da quella allegoria infantile. E così, tra delicate questioni famigliari, crudi ricordi di campi di battaglia reali o figurati, nuove speranze riposte nel futuro e sforzi per integrarsi in realtà non sempre così accoglienti, la sfida di tali indomite guerriere a un presente ancora incerto è semplicemente da applausi.
Stefano Coccia