Sulle montagne russe
Esistono lungometraggi che se ne infischiano altamente – e in maniera del tutto preventiva – del pensiero degli esteti della Settima Arte. Giocano d’accumulo senza alcun ritegno, partendo dalla commedia “buonista”, sfiorando la slapstick del tempo che fu per passare poi in maniera brusca al legal-drama, al melodramma spinto ed infine, alla consapevolezza del definitivo racconto di formazione. Tutto questo accade in Famiglia all’improvviso di Hugo Gélin, remake, se possibile ancora più astuto nella ricerca della stimolazione emotiva del pubblico, dell’originale messicano Instrunctions Not Included di Eugenio Derbez (2013). Eppure, un po’ a sorpresa, il film tiene con una certa coerenza la sua rotta, pur provocando in chi lo guarda una certa perplessità per i sin troppo repentini mutamenti di tono.
Già dal titolo si evince che per l’aitante Samuel – interpretato da un Omar Sy dalla verve pressoché incontenibile – i giorni di bisboccia promiscua con l’altro sesso avranno brevissima durata. Accade quando vede tornare nella Francia da bere della Costa Azzurra, una delle sue tante avventure di una notte, di carnagione bianca, con una bambina di tre mesi in braccio. Decisamente mulatta. Con uno stratagemma invero un po’ telefonato, la ragazza, inglese, molla al povero Sam la neonata, per poi dileguarsi rapidamente. Così a Sam non resta che mettersi alla sua ricerca in quel di Londra, tentando un improbabile restituzione. I casi della vita – l’incontro con un gay benestante e di buon cuore – lo porteranno a stabilirsi nella metropoli britannica e ad allevare lì la bambina.
I cinefili più smaliziati potrebbero già, a questo punto, sentire l’odore di bruciato di un sentimentalismo esibito in quantità massicce. Difficile dar loro torto, almeno sulla carta di una sceneggiatura che, come detto, non lesina colpi bassi. Eppure l’inventiva di Sam nel creare un mondo ovattato in cui crescere la piccola al riparo delle intemperie della vita – sicuramente accentuate dall’assenza della madre – ha un suo fascino. La scenografia ha gioco facile nel descrivere l’appartamento come una sorta di grande luna-park del tutto speculare al mondo di fantasia con il quale Sam racconta a Gloria – questo il nome della bambina – le avventure “spionistiche” della madre biologica atte a giustificare la sua assenza. Ed è con la ricomparsa della mamma che Famiglia all’improvviso cambia nuovamente rotta narrativa, innestando gradualmente sprazzi di realismo in un idillio dal sapore quasi favolistico. Quella diretta da Hugo Gélin è una pellicola che lascia, attorno a sé, un alone di mistero. Per certi versi pare del tutto ingenua nel descrivere la purezza dei sentimenti che legano i vari personaggi l’uno agli altri; da un altro lato sembra esageratamente studiato a tavolino ogni passo verso quella miscellanea di generi differenti che appare protesa a conquistare pubblico e, di conseguenza, botteghino. Per tutti coloro – e crediamo siano la maggioranza – secondo i quali il cinema deve essere emozione, divertimento e commozione possibilmente allo stesso tempo, Famiglia all’improvviso assolve perfettamente il proprio compito di intrattenere nella misura più ampia del termine. Mentre i puristi della Settima Arte si sentiranno colpiti sul vivo rispetto all’uso, abbastanza spregiudicato, di determinati stereotipi allo scopo di ottenere il risultato prefissato. Ciò che resta, alla fine della fiera, è un lungometraggio meritevole di saggio sul concetto intrinseco di cinema commerciale, che finirà inevitabilmente con il dividere in due fazioni nette spettatori occasionali e critica paludata, due entità che sovente restano lontane, per principio, anni luce. Tuttavia già il fatto che se ne ragioni in questi termini fa di Famiglia all’improvviso un piccolo caso da valutare con attenzione. E, anche restando ancorati ad un lettura critica del film, il cerchio aperto dal prologo con Sam bambino sulla scogliera in compagnia del padre si chiude alla perfezione nell’epilogo, quando il personaggio principale, ormai definitivamente adulto, si produce in un monologo tutt’altro che banale. Ci basta per invitare chi leggerà queste righe ad una visione non preconcetta di Famiglia all’improvviso.
Daniele De Angelis