Lontano dalla periferia
Nel 2012 usciva nei cinema francesi Due agenti molto speciali, un action-comedy diretto da David Charhon con protagonisti Omar Sy e Laurent Lafitte. Attraverso una trama poliziesca il film trattava anche il tema delle disparità tra il centro parigino e le sue periferie.
Nel 2022, con la regia di Louis Leterrier ed i medesimi protagonisti, Netflix ci propone un nuovo capitolo. Questa volta, come suggerisce il titolo francese, si va ben più lontano della periferia e delle diversità con il centro. Diciamo subito che, esattamente come la pellicola precedente, l’attenzione è concentrata sull’azione e l’intrattenimento e quindi le connessioni con la realtà francese coeva ci sono ma vengono trattate più come sfondo che come argomento principale.
Leterrier si dimostra anche qui professionista di sicuro mestiere con un rilevante talento visivo, doti che avevamo già potuto notare nella precedente filmografia del regista, come L’incredibile Hulk (2008) e ancora di più la serie Netflix Dark Crystal – La resistenza (2019). ne otteniamo qui un film che trova le sue basi nel buddy-movie e che ne rispetta tutti gli stilemi; cosa non così scontata in un sequel giacché uno degli elementi di base è l’insofferenza iniziale tra i due protagonisti dal carattere opposto. Si ovvia nella pellicola introducendo l’elemento che capita in molte relazioni amicali: un fraintendimento ed il raffreddarsi conseguente del rapporto. Senza dubbio, in un’opera che si dimostra piacevole e con un buon ritmo, le scene di azione pura sono le migliori, con una macchina da presa fluida ed un montaggio sempre all’altezza. La lunga sequenza dell’inseguimento in automobile nel finale, che come le altre scene ci grazia dall’uso e abuso del rallenty qui adoperato con grande parsimonia, ne è probabilmente l’esempio più valido.
Lontano dalla periferia e dalle tensioni tra parigini del centro e dei sobborghi lo sguardo si allarga alle tensioni che investono la società francese tutte e più acutamente avvertiti oggi:immigrazione, problemi sociali, crescente disparità tra ricchi e poveri, avanzata delle destra xenofoba; le recenti elezioni presidenziali ce ne hanno dato un saggio e non manca nel film un personaggio dietro i cui tratti la figura di Éric Zemmour si palesa con forza. Certo, come abbiamo già detto, non è la denuncia sociale il centro della pellicola, ma troviamo interessante la scelta di un tale tema come alveo per far scorrere la narrazione. Una scelta che, a nostro parere, rinforza quella dimensione di autonomia che il cinema d’azione francese è riuscito a ritagliarsi pur in una dimensione internazionale. Un merito che può certo essere attribuito, almeno in qualità di apripista, a Luc Besson, del quale Leterrier si configura oramai come un degno erede. Con ciò confermando quella capacità del cinema francese di stare sul mercato e di creare un proprio mercato, capace anche di resistere a quella “crisi della sala” che qui in Italia sembra irreversibile. Strano che chi di dovere non si interroghi al riguardo.
Luca Bovio