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Dalìland

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VOTO: 7

Dalì all’eternità

Dopo aver scavato nell’oscurità della mente umana in American Psycho e Charlie Says, raccontato due figure iconiche in Ho sparato a Andy Warhol e La scandalosa vita di Bettie Page, Mary Harron torna dietro la macchina da presa un altro genio dell’arte quale è stato Salvador Dalí, Marchese di Pùbol, all’anagrafe Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech. Il pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer, sceneggiatore e mistico spagnolo, è il protagonista di Dalìland, il biopic firmato dalla regista e sceneggiatrice canadese, in uscita nelle sale nostrane a partire dal 25 maggio 2023 con Plaion Pictures dopo le anteprime al Toronto International Film Festival 2022 e al 40° Torino Film Festival.
Il film si focalizza sul crepuscolo della carriera e sugli ultimi anni della sua vita terrena, prima che questa venga consegnata il 23 gennaio del 1989 all’eternità. Il 1974 e la suite 1610 del St. Regis Hotel di New York, ribattezzata per l’occasione Dalìland, sono le coordinate di partenza spazio-temporali dalle quali si muove in avanti e a ritroso la narrazione non lineare di un’opera che, tra luci e ombre, indaga su alcuni degli aspetti meno noti della sua quotidianità. Per farlo, la sceneggiatura passa attraverso gli occhi di James, un giovane apprendista che lavora presso la galleria d’arte che ospiterà la prossima esibizione del genio Salvador Dalí nella Grande Mela. Quando l’artista in persona gli propone di diventare suo assistente, il ragazzo pensa di coronare il sogno della sua vita, ma presto scopre che non è tutto oro quel che luccica. Dietro allo stile di vita sgargiante, al glamour e ai party sontuosi, un grande vuoto consuma l’ormai anziano pittore, divorato dalla paura di invecchiare e dal dolore per il rapporto logoro con la dispotica moglie Gala, un tempo sua musa e ora circondata da giovani amanti e ossessionata dal denaro.
Il punto di forza della pellicola sta proprio nell’interesse che suscita la fruizione nel momento in cui dalla stessa emergono tratti inediti o poco conosciuti dell’essere umano prima che dell’artista che il mondo intero ha potuto ammirare in azione. Il fatto che la scrittura di John Walsh abbia deciso di puntare su di essi per disegnare un ritratto non convenzionale di Dalì, ha permesso alla trasposizione firmata dalla Harron di toccare corde emotivamente più intense e di esplorare ancora più in profondità il carattere dell’artista di Figueres. Ne scaturisce una visione tutta da scoprire, al contempo affascinante, glamour, divertente e introspettiva, nella quale emergono genio e sregolatezza, tormenti ed estasi, gioie e dolori, ossessioni e passioni. Insomma, tutto ciò che, oltre agli immancabili baffetti neri, ha caratterizzato e accompagnato tanto in vita quando in Arte il percorso del maestro surrealista.
In questo modo, lo spettatore potrà entrare in contatto con l’uomo che si celava dietro l’artista, con quest’ultimo che prima di Dalìland aveva sempre attirato maggiormente l’attenzione. Ecco perché consigliamo di affiancare alla visione del film della cineasta canadese anche quella di Salvador Dalí – La ricerca dell’immortalità di David Pujol, un documentario del 2018 sviluppato su delle tematiche precise (dalla costruzione della sua casa museo al rapporto duro col padre, dall’interazione col mondo esterno attraverso la sua critica cinica e alla relazione con Gala, sua musa ispiratrice e compagna di vita) che si intersecano tra loro in una lunga narrazione e in una ricca ricerca di immagini fotografiche in bianco e nero d’archivio, che fanno vedere soprattutto un Dalì giovane, quasi inedito. Un controcampo ideale, questo, che consente di apprezzare ulteriormente lo sforzo di andare da parte degli autori di Dalìland di andare oltre l’ovvio e il conosciuto, mostrando e raccontando anche con il rischio di essere impopolari la figura di Dalì a 360°. E il merito va riconosciuto anche all’interpretazione camaleontica del Premio Oscar® Ben Kingsley nei panni del protagonista, che riesce a entrare nei personaggi che gli vengono affidati, anche complessi come questo, sempre con la medesima forza e credibilità.

Francesco Del Grosso

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