L’inverno di un cuore in lutto
In concorso alla 25ma edizione del Far East Film Festival, l’intenso December di Anshul Chauchan tocca corde inusuali per quello che si presenta come un classico dramma giudiziario, ponendo lo spettatore di fronte agli stessi dilemmi morali dei protagonisti e lasciando alla coscienza di ognuno la difficile scelta da compiere. Il regista fa la sua scelta, dando al suo film una svolta precisa nel finale; ma gli interrogativi posti sono universali e non trascurabili.
December è un film giapponese diretto da un regista indiano arrivato in Giappone nel 2011 come disegnatore che ha trovato il suo posto nella cinematografia nel 2016 con la fondazione di una società di produzione indipendente con Moteki Mina (autore della sceneggiatura insieme a Rand Colter) e la realizzazione di film di nicchia come Bad Poetry Tokyo; questa fusione indonipponica dà al film una duplice anima, una più rigida e formale ed una dalla spiritualità accentuata, e dei personaggi in campo di non immediata lettura.
December affronta la discussa problematica della condanna dei minorenni a pene detentive da adulti per i reati gravi; il fulcro della storia è infatti il processo d’appello di Fukuda Kana (Matsuura Ryo), che dieci anni prima, a soli 17 anni, è stata condannata a 20 anni per l’assassinio della sua compagna di classe Emi Higuchi. La tesi dell’avvocato difensore Sato (Kizu Toru) non è l’innocenza, ma piuttosto che la sentenza in questione fosse stata troppo dura per una adolescente che poteva essere recuperata; l’ostacolo più arduo da superare per ottenere la liberazione della sua cliente, è ottenere il consenso dei genitori di Emi, provati irrimediabilmente dalla perdita dell’unica figlia.
E qui si entra nel cuore e nell’anima della storia e dei personaggi; se la madre Sumiko (Megumi) vorrebbe solo voltare pagina, il padre Katsu (Shogen) è invece ancora furioso e rifiuta in modo categorico una precoce liberazione di Kana. I due, dopo la morte di Emi, hanno visto il proprio matrimonio naufragare, soprattutto per l’atteggiamento autodistruttivo di Katsu, sensibile romanziere di successo che ha smesso di scrivere ed iniziato a bere fino a diventare alcolizzato; il processo d’appello porterà Katsu alla porta di Sumiko e del suo nuovo marito, rinnovando da un lato un dolore mai veramente sopito e risvegliando dall’altro sentimenti ancora vivi. Il rapporto sospeso tra Sumiko e Katsu si intreccia così con il dramma giudiziario, mentre Kana, dall’altro lato, mostra un atteggiamento ambivalente; vorrebbe uscire di prigione ma allo stesso tempo si chiede se meriti di essere liberata.
L’interpretazione eccellente dei tre attori è il punto di forza di December: rifulgono sullo schermo il dolore dissimulato e latente di Megumi che il nuovo processo riporta alla luce; l’intensità di Shogen, vero fulcro del film, nella pelle di un personaggio affascinante e di ardua lettura, un artista sensibile che il dolore ha spezzato, portato alle estremizzazioni; ed infine la maschera enigmatica di Matsuura Ryo, che offre una recitazione misurata ma potente, riuscendo a raccontare la propria storia senza svelare chi sia veramente.
La regia di Chauchan si sofferma sui personaggi senza perdere di vista il nodo della trama; lo svolgimento del processo non è così scontato come parrebbe, e tantomeno lo sarà il verdetto, grazie al colpo di scena finale. Una rivelazione che farà scoprire ai protagonisti ed allo spettatore le ragioni profonde dell’omicidio, lasciando aperte considerazioni e dilemma morale.
Michela Aloisi