Home AltroCinema SpazioItalia Cronaca di una passione

Cronaca di una passione

174
0
VOTO: 7

Le vittime di una silenziosa strage di stato

Il 5 aprile scorso l’iter tortuoso di una piccola, caparbia distribuzione ha portato al cinema Intrastevere di Roma un film realizzato nel 2015, Cronaca di una passione, che in chiunque si senta sensibile al tema, un tema decisamente forte, ha generato grosse emozioni. Lode quindi a Fabrizio Cattani e Alessia Lepore, autori di uno script capace di scavare con sensibilità e rigore in un dramma troppo spesso rimosso, dai media di casa nostra: quello dei tanti piccoli imprenditori danneggiati non soltanto dalla crisi economica, ma sopratutto dal susseguirsi di “interventi a gamba tesa” da parte di governi cinici, di amministrazioni locali restie ad affrontare tali problemi e di altre realtà rapidamente degenerate come l’ormai famigerata Equitalia. Col risultato di avere poi un numero davvero impressionante di attività commerciali chiuse, lavoratori lasciati a casa, famiglie in difficoltà, più i titolari di queste piccole imprese posti alla mercé di depressione, debiti, pignoramenti e, nei casi più disperati, di scelte drastiche come il suicidio. Non è un caso che la proiezione tenutasi all’Intrastevere sia stata seguita da un breve dibattito, alla presenza del regista e del cast, durante il quale i rappresentanti di associazioni e gruppi di sostegno hanno denunciato con forza e da differenti prospettive la gravità della situazione.

In Cronaca di una passione a finire sotto i riflettori è la tragedia di una coppia non più giovane, la cui pluridecennale attività nel campo della ristorazione viene stroncata dalla pressione fiscale, dall’impossibilità di continuare a pagare i dipendenti e dalle infinite trappole della burocrazia. In un lasso di tempo piuttosto breve tolgono loro praticamente tutto: il lavoro, la trattoria gestita per anni, addirittura la casa. Il calvario cui vanno incontro, con un senso di vergogna e di fallimento anche rispetto ai propri famigliari, è di quelli che non lasciano scampo; a essere minacciata è la loro stessa dignità, sapranno preservarla invece fino alla fine, a costo però di rassegnarsi a un cupo, desolante destino…
Ispirato da amari casi di cronaca, il film diretto da Fabrizio Cattani ha il merito di mettere in scena una simile storia con sobrio pudore, senza spettacolarizzare gli eventi ma senza nemmeno ridurne la portata stringendoli nei limiti di un forzato minimalismo. Il tono della narrazione, calibrato e naturalistico, riscuote sin dall’inizio l’attenzione dello spettatore grazie anche alla bravura, all’umanità stessa che trapela dalla recitazione di Vittorio Viviani e Valeria Ciangottini: davvero ottima la scelta dei protagonisti. E nel cast di un film indipendente che sembra rinunciare quasi volentieri ai grossi nomi, per dare spazio ai volti giusti, ogni incontro – anche piccolo – della coppia protagonista rivela interpreti che sanno aggiungere un tocco di verità alle situazioni, che siano esse famigliari o lavorative.
Conoscevamo già Fabrizio Cattani per un lungometraggio dallo stile decisamente più esuberante, vivace, come Il rabdomante; qui invece pare faccia benissimo a mantenere un timbro più delicato, quasi umbratile, che con una semplice inquadratura o un gioco di messa a fuoco sa far emergere il disagio, le tribolazioni, la nausea, gli aspetti più intimi, insomma, della vergognosa odissea affrontata dai personaggi di un racconto cinematografico onesto e di sicuro animato da un condivisibile, sincero spirito di denuncia.

Stefano Coccia

Articolo precedenteWhen the Day Had No Name
Articolo successivoDamien Chazelle, il ritmo del cinema

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

18 − nove =