Sede vacante!
«Morto un Papa se ne fa un altro» recita un antico detto popolare per dire che nessuno è insostituibile, anche se reputato importante come il Sommo Pontefice. Ma è pure l’espressione che fa riferimento alla sua sostituzione in seguito alla dipartita, per la quale viene subito convocato un Conclave dei vescovi per l’elezione del prossimo rappresentante di Dio. Tuttavia il meccanismo che porta alla tanto attesa fumata bianca è tra i segreti meglio mantenuti del mondo, motivo per cui non è possibile conoscere tutto ciò che avviene durante le giornate di svolgimento e soprattutto negli scrutini che hanno luogo come da tradizione nella Cappella Sistina. È il termine Conclave, che deriva dal latino cum clave, cioè “(chiuso) con la chiave” o “sottochiave”, a spiegare il perché di tanta segretezza, con tutto ciò che accade e viene pronunciato in quella stanza che è destinato a rimanere tra quelle sacre e inviolabili mura. Il ché ha sempre alimentato la curiosità delle gente nel volere guardare attraverso lo spioncino per arrivare a scoprire i più piccoli particolari. Ed è quello che ha provato a fare Robert Harris nel suo romanzo del 2016 dal titolo Conclave, nelle cui pagine ispirandosi all’elezione di Bergoglio al soglio papale, pare essersi avvicinato alla verità più di quanto sia mai stato fatto prima d’ora grazie a delle ricerche che hanno permesso di chiarire qualche punto, più d’uno, fattualmente.
Ed è da quanto narrato e descritto nel bestseller del giornalista e scrittore inglese che ha preso forma e sostanza il film omonimo diretto dal regista premio Oscar per Niente di nuovo sul fronte occidentale, Edward Berger, sceneggiato dallo stesso Harris con Peter Straughan. Quest’ultimo era il profilo perfetto per trasporre la matrice letteraria e dare ad essa una veste ancora più inquietante e spiazzante, quella di un thriller dal forte retrogusto spionistico e investigativo. Il drammaturgo e sceneggiatore britannico ha infatti nel suo bagaglio tra gli altri lo script della versione diretta da Tomas Alfredson de La talpa. La pellicola, candidata a sei Golden Globes in uscita nelle sale nostrane il 19 dicembre con Eagle Pictures dopo le anteprime al Telluride Film Festival e alla 19esima Festa del Cinema di Roma nella sezione Gran Public, ha infatti sulla tavolozza a disposizione oltre al rosso cardinalizio anche il giallo e con questi colori ha dipinto sullo schermo i quadri di un’intricata vicenda che entra nel mondo della Chiesa come si fa in una società segreta ricca di misteri, rivalità e tensioni. Siamo dunque lontani dalle visioni e dai toni utilizzati da Sorrentino (The New Pope) o Moretti (Habemus Papam), con Berger che trasforma una liturgia millenaria in una sorta di detective story che getta sospetti sul decesso del Papa e sulla lotta di potere per l’elezione del suo successore. Dopo la morte improvvisa dell’amato e compianto Santo Padre, il Cardinale Lawrence viene incaricato di dirigere il delicato processo di transizione. Una volta che i leader più potenti della Chiesa Cattolica si riuniscono e si chiudono nelle segrete sale del Vaticano, Lawrence si ritrova intrappolato in una rete di intrighi, tradimenti e giochi di potere. Un oscuro segreto viene alla luce, minacciando di scuotere le fondamenta stesse della Chiesa.
Non vi riveleremo ovviamente di cosa si tratta, lasciando il colpo di scena alla visione di Conclave. Certo è che non sarà qualcosa facile da digerire tanto per i diretti interessanti quanto per gli spettatori, che si troveranno a fare i conti con un thriller capace di tenere sempre alta la tensione grazie alle atmosfere tese e agli equilibri instabili che caratterizzano la messa in scena. Al resto ci pensa il nutrito cast a disposizione del cineasta austriaco, nel quale spicca un Ralph Fiennes nei panni scomodi di Lawrence davvero in stato di grazia, che come i compagni di set (tra cui dei convincenti Stanley Tucci, John Lithgow, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini) conferisce una profondità psicologica e caratteriale al personaggio davvero notevole, attraverso la quale si mettono in luce visioni radicalmente diverse di ciò che la Chiesa dovrebbe rappresentare. Sta nelle performance attoriali e nella cura della confezione, resa possibile grazie alla fotografia di Stéphane Fontaine, ma anche delle scenografie e dei costumi, il punto di forza della quinta fatica dietro la macchina da presa di Berger.
Francesco Del Grosso