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Cave of Forgotten Dreams

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VOTO: 7.5

Viaggio stereoscopico nelle viscere della Terra

Sin dagli esordi, la carriera dietro la macchina da presa di Werner Herzog ha percorso una strada a doppia corsia, quella del reale da una parte e quella del cinema di finzione dall’altra, ognuna delle quali affrontata con la medesima spinta propulsiva e potenza espressiva, permettendo di tanto in tanto a entrambe di mescolarsi e contaminarsi a vicenda. Per quanto riguarda il filone documentaristico, Cave of Forgotten Dreams è, tra gli ultimi assolo, la dimostrazione concreta del desiderio costante del regista tedesco di sperimentare nuovi linguaggi e di confrontarsi faccia a faccia con le migliorie tecnologiche che continuano decennio dopo decennio a investire la Settima Arte, pur mantenendo intatto un personalissimo approccio alla materia filmica che lo ha sempre contraddistinto.
Il risultato è un viaggio affascinante nelle viscere della Terra alla scoperta dei segreti della grotta di Chauvet Pont d’Arc, uno dei più noti e importanti siti preistorici europei situato nella regione del Rhône-Alpes, nel sud-ovest della Francia. Il sito contiene i più antichi dipinti rupestri del mondo, risalenti a oltre 32.000 anni fa, per l’esattezza al Paleolitico superiore La grotta non è, però, aperta al pubblico perché il respiro umano altererebbe l’umidità della grotta danneggiando le raffigurazioni. Da lungo tempo si era pensato di dare accesso alla grotta a un unico regista e consentirgli di catturare i dipinti su pellicola.
La scelta non poteva che ricadere su Herzog che non si fa sfuggire l’occasione per lavorare per la prima volta con il 3D. A differenza di quello di altri colleghi, lo sguardo stereoscopico del cineasta tedesco si fa funzionale all’oggetto messo in quadro, passando di fatto da un uso prettamente estetico-stilistico a un microscopio in movimento che si fa portatore di stratificazioni di significato che permettono al fruitore di osservare e interpretare tentativi passati di comunicazione, affidati da coloro che ci hanno preceduto alle superfici rocciose di una grotta francese. La mera esplorazione scientifica cede così il passo alla poesia di un racconto per immagini e segni che non ha eguali fino a questo momento, con la macchina da presa che scivola con precisione chirurgica sulle pareti roccioso, disegnando traiettorie che sfidano la forza di gravità e regalo immagini spettacolari e dfi grande impatto visivo.
Con Cave of Forgotten Dreams, Herzog porta sullo schermo una sorta di perizia grafica che rivela la presenza di sogni, bisogni e paure ataviche, gli stessi che secoli di storia hanno visto tradursi in forme e manifestazioni distorte e spesso violente. Insomma, un’opera da vedere o riscoprire anche a distanza di otto anni dalla sua realizzazione e dalla sua prima apparizione pubblica al Toronto International Film Festival, nel settembre del 2010. La proiezione nella sezione “Cinema & Scienza” della nona edizione del Bif&st è stata, in tal senso, l’opportunità giusta per tornare ad ammirarlo sul grande schermo.

Francesco Del Grosso

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