Un autore moderno
Dopo un anno caratterizzato da questa funesta pandemia, in grado di dilatare a dismisura il tempo, anche il cinema di qualche tempo fa ci appare come vecchio, assieme a tante, troppe, altre cose. Una percezione totalmente errata, esaminando nel dettaglio il cinema di Bertrand Tavernier, scomparso il 25 marzo scorso a nemmeno ottant’anni di età. Un autore così lontano da semplici logiche commerciali da apparire completamente atemporale.
Con la dipartita di Tavernier non ci abbandona solo un cineasta totale, uno degli ultimi capaci di spaziare attraverso generi differenti mantenendo sempre un approccio di assoluta coerenza con la propria poetica. Se ne va anche una concezione particolare sul “fare Cinema” come esperienza e viaggio cognitivo. Strumento unico per imparare sulle cose del mondo e non pontificare da un alto scranno presuntamente intellettuale. Modus operandi tipico di una personalità che si è avvicinata alla Settima Arte percorrendo tutti i simbolici gradini possibili, prima di arrivare ad un punto di svolta della carriera. La gestione dei cineclub, la critica cinematografica, la sceneggiatura. Piccoli passi per giungere all’atto della creazione a trecentosessanta gradi, figura che non può che essere identificata con quella del regista. E, come tratto distintivo, la capacità unica di saper scegliere un particolare stile da adattare alla storia raccontata. Quasi una dichiarazione di umiltà di fronte ad un’Arte troppo ricca di sfaccettature – compreso il lavoro cosiddetto di squadra – per essere imposta dall’alto di una genialità che Tavernier non possedeva e nemmeno ha mai inseguito.
Tanti film, allora. Camaleontici. E proprio per questo motivo sempre tesi all’esplorazione dei lati in ombra dell’essere umano. La fascinazione per il noir d’inizio (e non solo) carriera si riflette nel sodalizio artistico con un altro grande artista, stavolta posizionato davanti alla macchina da presa: Philippe Noiret. Molteplici i frutti di tale unione, dall’esordio nel lungometraggio con il personalissimo crime-movie L’orologiaio di Saint-Paul (1974), passando per la pregnante riflessione sul concetto etico di giustizia contenuta nel bellissimo Il giudice e l’assassino (1976) e culminando con l’ottimo Colpo di spugna (1981), amara ed ironica presa d’atto della corruttibilità dell’essere umano. Opere che raccolgono la gloriosa eredità del classico polar transalpino rielaborandolo però in una chiave di totale introspezione nei vari personaggi messi in scena. Con Noiret interprete simbolo.
Un talento sopraffino nel saper lavorare di fino sui generi ampiamente dimostrato con lo straordinario La morte in diretta (1980), fantascienza (sui generis) lungimirante a sottolineare quella malsana deriva sensazionalistica, in ambito televisivo, che oggi è divenuta pane quotidiano. Uno sguardo tanto lucido quanto spietato, scevro di compromessi.
Impossibile poi non raccontare della grande passione di Tavernier per il jazz e per tutta la musica afroamericana in generale. Esplicitata nell’esaustivo, prezioso, documentario Mississippi Blues (1983) e in seguito nello struggente ‘Round Midnight – A mezzanotte circa (1986), a raccontare la tribolata esistenza di un musicista (interpretato dall’autentico sassofonista Dexter Gordon) scelto come sineddoche di un inscindibile connubio tra talento e sregolatezza di vita. Un’attrazione particolare nutrita da Tavernier verso la vita realmente vissuta che l’ha condotto a girare molti documentari, soprattutto nella seconda parte della propria carriera. Ma anche a coltivare una forma ibrida tra realtà e finzione di rara efficacia, dimostrata in opere quali ad esempio Legge 627 (1992), quasi un reportage sulla condotta della polizia alle prese con una nuova legge anti-droga, e il poetico Ricomincia da oggi (1999), quotidianità di un maestro di periferia alle prese con piccoli e grandi drammi di stampo sociale.
Il discorso sul cinema di Bertrand Tavernier potrebbe continuare all’infinito, tante risultano essere le opere appartenenti alla sua filmografia molto più che degne di menzione ed approfondimento. In questo breve ricordo dell’autore originario di Lione noi ci fermiamo qui. Consapevoli che Tavernier ha raggiunto l’ultima fermata del suo viaggio, unico e denso come solamente le persone che hanno vissuto appieno del loro lavoro possono affermare di aver compiuto.
Daniele De Angelis