Vicino e lontano
La qualità principale di un cortometraggio riuscito dovrebbe essere giocoforza quella di raccontare molto in un lasso di tempo abbastanza breve. Impresa tutt’altro che semplice, perfettamente riuscita a Larissa Corriveau, attrice canadese – appena ammirata nel recente Hygiène sociale di Denis Côté, visto alla Berlinale 2021 – autrice, da dietro la macchina da presa, di alcuni significativi lavori sulla distanza breve. Tra i quali quest’ultimo À travers les murs, selezionato per la diciottesima edizione delle Giornate del Cinema Quebecchese in Italia. Dove la Corriveau affronta, con realismo e sincerità quasi disarmanti, un tema di assoluto spessore come la convivenza con l’autismo.
Edmond è un bambino affetto da tale problematica. Saggiamente, il punto di vista scelto dalla regista non è quello del piccolo protagonista, bensì dei due genitori, costretti a fare i conti con una situazione per loro affatto semplice. Come suggerisce anche il titolo À travers les murs costituisce uno sguardo intimo, quanto più possibile neutro nel non pronunciare giudizi morali di alcun tipo, sulla vita famigliare dei tre componenti. Senza minimizzare in alcun modo la difficoltà oggettiva della situazione, la Corriveau pone implicitamente dei quesiti di fondamentale importanza allo spettatore. In primo luogo il corto impone una riflessione sulla capacità dei genitori di affrontare un simile disturbo, lasciando dubbi su chi veramente sia il vero autistico. La madre che, umanamente, non riesce più a sopportare gli improvvisi, talvolta violenti, scatti del figlio? Oppure il padre, pronto a rifugiarsi nell’alibi del lavoro per evitare contatti troppo prolungati con il bambino? In appena venti minuti scarsi di durata la regista, con mano sorprendentemente ferma e sicura, mette in scena sia la suggestiva diversità del mondo in cui vive Edmond – brillantemente resa nella sequenza onirica della mamma – sia l’angoscia dettata dall’inadeguatezza genitoriale nel fronteggiare un ménage famigliare divenuto anomalo per volontà del destino e non per responsabilità attribuibili a qualcuno. L’unica soluzione possibile è l’empatia dettata dal senso di solidarietà affettiva, come testimonia un epilogo di rara efficacia. Svegliatasi dal sogno appena accennato Marie, la mamma, cerca disperatamente Edmond all’interno e fuori della dimora di campagna – altra, notevole, sottolineatura del senso di isolamento che permea il nucleo famigliare – dove abitano. Senza accorgersi che il piccolo è ancora in casa, nella propria stanza dove lei lo aveva rinchiuso la sera precedente. E la sta osservando dalla finestra. Un magnifico gioco di sguardi che suggerisce di un possibile, ideale, punto d’incontro tra due esseri umani che devono andare oltre il pur importante vincolo di sangue. Con Marie chiamata simbolicamente a spogliarsi del suo ruolo materno, inevitabilmente caricato di responsabilità eccessive, per divenire altro, probabilmente amica e complice di un bambino bisognoso solo di essere compreso fino in fondo.
À travers les murs ha il grande merito di condurre, con estrema coerenza, un discorso per nulla banale sulle imperfezioni umane e sui possibili modi di superarle. Andando così ben oltre ciò che le apparenze lascerebbero supporre.
Daniele De Angelis