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Before the Frost

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VOTO: 5.5

Padre padrone

Dopo una breve parentesi statunitense, in cui è stato realizzato Papillon (remake della storica pellicola diretta nel 1973 da Franklin J. Schaffner con protagonisti Steve McQueen e Dustin Hoffman), il giovane e prolifico regista danese Michael Noer è tornato in patria per mettere in scena un singolare western a metà strada tra il dramma familiare e il ritratto di un’intera società; una storia che ci faccia sì fare un salto indietro nel tempo fino al 1850, ma che, contemporaneamente, stia a raccontare qualcosa di universale e ancora oggi, a suo modo, attuale. Stiamo parlando di Before the Frost, presentato in anteprima, all’interno della Selezione Ufficiale, alla tredicesima edizione della festa del Cinema di Roma.
È questa la storia di Jens, un anziano contadino che vive in un piccolo paesino rurale della Danimarca insieme alla giovane figlia Signe e ai due cugini di lei. Trovandosi in serie difficoltà economiche e temendo il rigido inverno alle porte, l’uomo cercherà di stringere accordi con famiglie benestanti, promettendo in sposa sua proprio figlia, la quale, convinta inizialmente di dover sposare, per gli stessi motivi, un affascinante giovane del villaggio, si troverà, di punto in bianco, fidanzata a un vedovo svedese molto più anziano di lei.
La storia, dunque, di un padre pronto sì a fare di tutto, pur di assicurare un avvenire ai propri figli, eppure che tende facilmente a perdere di vista i suoi intenti iniziali, concentrato com’è sui propri obiettivi. E, proprio come accade al personaggio di Jens, pare che anche gli altri personaggi messi in scena siano carenti di una necessaria chiarezza di intenti, soprattutto la giovane Signe, la quale, inizialmente riluttante a sposare il ricco vedovo, sembra cambiare idea in modo ingiustificatamente repentino, trovandosi, improvvisamente, perfettamente integrata nel nuovo contesto famigliare e addirittura felice di questa sua nuova vita. Tale confusione di intenti – che, a ben guardare, sta a rivelare le incertezze dello stesso regista nel portare avanti la storia – finisce per riguardare, man mano che ci si avvicina al finale, lo stesso Jens, dapprima mosso dalla volontà di proteggere i propri cari, poi pronto a sacrificare ognuno di loro al fine di portare avanti ciò che si era inizialmente prefissato.
E tale incertezza si manifesta inevitabilmente anche nella struttura dell’intero script, dove, al fine di creare continui colpi di scena e stravolgimenti, vengono assemblati una serie di finali, uno dopo l’altro, che altro non fanno che tirare per le lunghe un lavoro sì inizialmente interessante, sì forte di una robusta e fedele ricostruzione degli ambienti rurali dell’Ottocento, ma che, purtroppo, al proprio interno contiene così tante contraddizioni, da perdere gradualmente di credibilità e da far sì che, anche lo spettatore inizialmente meglio disposto nei suoi confronti, non veda l’ora che il tutto arrivi a una necessaria conclusione.
E così, un dramma famigliare come il presente Before the Frost, che dovrebbe – dato lo scottante tema trattato – avere facile presa sull’intero pubblico, finisce inevitabilmente per accartocciarsi su sé stesso, proprio come accade, nel film, agli oggetti avvolti dalle fiamme nella stessa fattoria di Jens.

Marina Pavido

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