Le bugie hanno le gambe lunghe
Correva l’anno 1997 quando Jim Carrey interpretava Fletcher Reede nella commedia demenziale Liar Liar di Tom Shadyac, in cui l’attore di origini canadesi indossava i panni di un avvocato cinico capace solo di mentire, che per un giorno intero si trova costretto a dire la verità nient’altro che la verità per via di un desiderio espresso dall’amato figlioletto in occasione del suo 5° compleanno. Un desiderio che per sua sfortuna e per nostro divertimento farà da innesco a una tragicomica catena di rovinosi eventi e a un percorso di redenzione. Ma non è vero che le bugie hanno sempre le gambe corte, perché esistono bugiardi cronici come il protagonista di Axiom di Jöns Jönsson che dimostrano l’esatto contrario.
Nella pellicola diretta dal regista svedese, presentata in concorso al 23° Festival del Cinema Europeo di Lecce dopo l’anteprima mondiale alla Berlinale 2022 nella sezione “Encounters”, ci porta al seguito di Julius, un giovane ed eloquente addetto al museo amato dai suoi amici, dai colleghi e dalla sua ragazza che un giorno invita alcuni di loro a unirsi a lui per una gita in barca a vela, sulla barca della sua aristocratica famiglia, ma qualcosa va storto, rivelandone la reale natura, quella di un bugiardo incurabile e cronico. Le sue storie lo intrappolano in un fitta rete di bugie, con la verità che diventa la minaccia più grande se dovesse venire a galla.
L’opera seconda di Jönsson affronta i temi universali dell’identità e del comportamento sociale e lo fa attraverso il quotidiano di un personaggio ambiguo che come modus operandi ha scelto di mentire agli altri quanto a se stesso per accettarsi e farsi accettare. Julius impressiona tutti con la sua conoscenza mondana e la conversazione fluida, incarnando l’ideale moderno della capacità di reinventarsi. Come un camaleonte riesce a mimetizzarsi e a plasmarsi all’ambiente e alle persone che lo popolano, diventandone per brevi o lunghi periodi parte integrante. Tuttavia i suoi modelli comportamentali sono in conflitto con le regole della società, ecco che allora si assiste a dei conflitti e a dei cortocircuiti che rischieranno in più di un occasione di fare crollare il castello di menzogne da lui messo in piedi con chirurgica metodica.
Se solitamente in un film siamo soliti conoscere o scoprire attraverso la one-line un dato personaggio, qui al contrario questo cammino di avvicinamento non porterà a nulla se non a una serie di vicoli ciechi. Julius sarà uno, nessuno e centomila, con un’identità negata dal primo all’ultimo minuto a disposizione di un racconto che volutamente non porterà da nessuna parte. Lo spettatore entrerà in contatto con una figura indecifrabile, che ha fatto delle bugie e di una moltitudine di identità che indossa di volta in volta la linea guida di un non esistere. Tutta la sua vita è una menzogna, tutti i suoi legami e affetti, a parte quelli familiari, sono intrecciati in una ragnatela fitta di mancate verità dalle quali a un certo punto diventa impossibile liberarsi. Ecco che il plot si tramuta nel tentativo di sbrogliare questa matassa, ma senza successo.
L’inafferrabilità del protagonista è la diretta conseguenza e al contempo il motore che alimenta ill racconto, diventandone il cuore pulsante. Non si assiste al dispiegarsi sullo schermo di una narrazione stratificata, piuttosto alla costruzione di un mosaico di situazioni che ci rivelano con lo scorrere dei minuti i frammenti di una scomposizione identitaria a tratti inquietante. Non c’è dunque da aspettarsi una storia articolata. Il ché potrebbe non andare genio a coloro che pretendono da un film un racconto classico in tre atti, al contrario chi non ne sente un estremo bisogno potrà apprezzare come noi la scelta dell’autore di pedinare Julius nei meandri del suo mondo fatto esclusivamente di menzogne, ma anche di emozioni e sensazioni finte. Il regista di Stoccolma, da anni operativo in Germania, preferisce concentrarsi sul personaggio principale e sulle sue numerose esistenze artificiali che lo proiettano in ciò che vorrebbe essere e avere. In tal senso Moritz Treuenfels, premiato all’Hong Kong International Film Festival 2022 proprio per la sua interpretazione di Julius, si rivela a conti fatti la scelta perfetta per impersonare questo giovane affascinante, che in un primo momento si segue volentieri, solo per sentirsi poi sempre meno a proprio agio con le contraddizioni che derivano dal suo approccio fluido alla vita.
Francesco Del Grosso