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Anthill

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VOTO: 7

Un’esistenza in bianco e nero

Proiettato martedì 26 novembre al Monsters – Fantastic Film Festival in una tranche del Concorso Cortometraggi ribattezzata, emblematicamente, “Atmosfear”, Anthill del norvegese William Holten propone in effetti, sin dall’inizio, un’atmosfera compatta: nordica, cupa, spoglia, alienante. Tutto ciò attraverso un’efficace animazione 3D in bianco e nero, destinata però a inglobare chiazze di colore quasi subliminali e sinistri bagliori rossastri proprio nei momenti in cui, complice una rapsodica e appena abbozzata escalation drammaturgica, la sordida deriva esistenziale dei personaggi appare più nitida.

Protagonista del corto è infatti un umano gracile, sfatto, il quale, dopo aver attraversato una landa desolata ed essere stato interrogato da una macchina, viene assunto da una surreale e futuristica fabbrica persa nel nulla che non si sa bene cosa produca, a parte la disperazione. Dalle acque circostanti vengono infatti prelevate creature simili a gigantesche tartarughe marine, da cui un primo macchinario estrae dolorosamente una sostanza iridescente, proteiforme, che verrà poi lavorata dagli operai. Senza che se ne capisca realmente lo scopo, ma con esisti nefasti per la loro salute fisica e mentale.
Per il protagonista il tempo è scandito dall’assurdità degli ordini e dalla tirannia degli orologi, coi brevi turni di riposo da trascorrere poi in spazi claustrofobici. Chiunque lavori nella struttura non ha infatti diritto a una socialità né a contatti diretti con gli altri. Estemporaneo ed effimero margine di libertà sarà solo il contatto, fugace, con l’altro lavoratore che opera in uno spazio attiguo al suo, separato da una sorta di membrana traslucida, ma il così rapido logoramento dei loro corpi e delle loro anime non lascia purtroppo intravvedere, per nessuno, speranze realistiche di riscatto…

Triste, quasi funereo, Anthill è per certi versi un aggiornamento della poetica di Metropolis da cui sono però escluse possibili vie di fuga e riconciliazioni effettive, nella chiave post-moderna e ancor più disumana che definisce progressivamente il mood dell’opera. L’impronta narrativa conferita dall’autore risulta a tratti un po’ monocorde. Ma è pure al contempo coerente, graffiante, formalmente ben modulata intorno a uno stile visivo rifinito con cura. Ed è questo un merito non trascurabile, se si considera che per William Holten, film-maker attivo finora prevalentemente nello sviluppo di videogiochi, Anthill rappresenta anche l’esordio cinematografico, finanziato peraltro dalla borsa di studio Viken Ung dello scandinavo Viken Filmsenter.

Stefano Coccia

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