Home In sala Uscite della settimana Amleto è mio fratello

Amleto è mio fratello

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VOTO: 7

Il potere salvifico del teatro

Non è certo la prima volta che la disabilità viene portata sul grande schermo. Non è neanche la prima volta che veniamo a sapere di disabili, diversamente abili o “ragazzi speciali”, più che sul termine ci vorremmo soffermare una volta tanto sui contenuti, reduci da esperienze teatrali positive e gratificanti.
Sta di fatto che Amleto è mio fratello, commedia “on the road” uscita nelle sale proprio in questi giorni, rende un buon servizio alla causa puntando in primis sulla leggereza, su quel “garbo” d’altri tempi che in altri contesti potrebbe essere visto come un limite, come una scorciatoia, mentre qui riesce a far sentire a proprio agio sia i protagonisti che lo spettatore, senza eliminare però del tutto le asperità del racconto.

Il regista, Francesco Giuffré, con queste persone a teatro ci lavora da tempo. Proprio lì ha imparato a (ri)conoscerne la genuinità, la passione, la dedizione per ciò che comporta stare in scena di fronte a un pubblico. E insieme si sono ritrovati un nume tutelare d’eccezione, per questa picaresca incursione sugli schermi cinematografici, ovvero William Shakespeare…
In realtà la fuga verso Napoli dei protagonisti, pur motivata a livello di finzione dal loro desiderio di essere utili alla piccola comunità che frequentano, assume un tono quasi pretestuoso; almeno rispetto alle continue, singolari epifanie della loro odissea in strada, agli incontri più o meno rivelatori con una variopinta galleria di personaggi. Queste all’incirca le coordinate del viaggio: sono Paolo, Paolone, Andrea e Carlo i quattro teatranti diversamente abili che all’inizio del film partono di nascosto da Roma a bordo di un pulmino, destando comprensibili preoccupazioni nei famigliari, nel gruppo teatrale cui appartengono e nelle stesse forze dell’ordine, subito allertate. L’audace sortita dei quattro è dovuta al fatto che a Napoli un importante teatro ha indetto un concorso, per individuare la compagnia più innovativa che rappresenti il Bardo nel capoluogo campano. Un’occasione davvero imperdibile, specie per la loro compagnia teatrale in balia di crescenti difficoltà economiche!

Non mancheranno però gli imprevisti, a partire dal furto del pulmino. Una lista eterogenea di personaggi, incontrati lungo la via, presterà loro soccorso o contribuirà, all’occorrenza, a far aumentare il caos; di notevole c’è che l’autore, introducendo con la loro presenza temi socialmente rilevanti quale può essere ad esempio la protezione delle tartarughe marine, ha saputo creare un mood omogeneo grazie al quale l’inclusività, filo conduttore di tale narrazione cinematografica, non assume mai contorni melensi o stucchevoli, contaminata com’è di un gradevole timbro umoristico. Certo, alcune soluzioni narrative possono apparire altresì un po’ facilone, quasi fumettistiche. Di fondo si staglia però una relazione col Teatro tale da amplificarne la portata soterica, terapeutica tanto per l’individuo che per la società stessa. Mentre finte interviste in odore di “mockumentary” o di reportage televisivo fanno sì che il taglio squisitamente filmico dell’operazione non si annacqui eccessivamente. Una lode sincera, infine, a quei grandi nomi dello spettacolo che garantendo la loro attiva partecipazione hanno elevato, con un tocco lieve e divertito, l’esito artistico del lungometraggio: da Francesco Paolantoni a Margherita Buy, dalla pimpante Claudia Gerini a un Frassica in abiti circensi, passando naturalmente per l’adorabile disquisizione sul linguaggio teatrale di un Vincenzo Salemme in gran forma.

Stefano Coccia

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