La montagna non perdona
La giuria composta da quattro esercenti del Network Europa Cinemas ha assegnato ad Alpha. di Jan-Willem van Ewijk l’Europa Cinemas Label come miglior film europeo, entrando così nel palmares delle Giornate degli Autori dell’81esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica, laddove è stato presentato in anteprima mondiale. Un riconoscimento a nostro avviso meritato per un’opera, la terza dietro la macchina da presa del regista olandese, che sin dalla prima visione al Lido e da remoto nella sala web di My Movies ha riscosso consensi sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Tra questi ci siamo anche noi, conquistati da quelle che sono le qualità di scrittura, di messa in quadro e di recitazione in dotazione alla pellicola in questione.
Partiamo dalle pagine dello script firmate dal regista stesso che ci portano al seguito di Rein, un uomo che dopo la morte della madre si trasferisce in un piccolo villaggio delle Alpi per immergersi nella natura, meditare e lavorare come maestro di snowboard. La tranquillità termina quando l’invadente padre gli fa visita. Gijs è l’indiscusso protagonista di un’escursione sugli sci. Sa essere affascinante con tutti e, inoltre, inizia a flirtare con Laura, la nuova fidanzata di Rein, togliendo spazio al figlio. Non passa molto tempo, prima che Rein ne abbia abbastanza. Perciò, trascina il padre lontano dal gruppo. I due proseguono la loro escursione da soli. La tensione è palpabile. Gijs si sente sempre più a disagio su un terreno così ripido e pericoloso, ma Rein, nonostante le suppliche del padre, lo costringe a salire fino alla cima. Improvvisamente, la natura si scatena violentemente, trasformando la loro meschina lotta per il potere, in una prova di sopravvivenza.
Il cineasta di Delft, un po’ come aveva fatto dieci anni fa il collega scandinavo Ruben Östlund nel suo Turist, usa la montagna e le sue regole non scritte per parlare di tematiche universali e per entrare in tackle sulla famiglia e sui sottili equilibri che la sorreggono. Se nel film del 2014 le criticità emergono a seguito di un evento catastrofico, in Alpha. invece sono già presenti e vengono accentuate nel corso di un’escursione nella splendida cornice delle Alpi che per la coppia protagonista si tramuta, loro malgrado, in un’odissea nel mezzo di un “inferno bianco” che non perdona, tra gelide e spietate distese di neve e imponenti pareti rocciose. Gli ingredienti del classico survivor-movie ad alta quota ci sono dunque tutti con la mente che per caratteristiche e stilemi torna a storie simili come La morte sospesa o Everest, motivo per cui viene di default inserire il film di van Ewijk nel suddetto filone. La collocazione è corretta, tuttavia l’autore riesce ad andare oltre la storia di sopravvivenza in ambiente ostile che vede i protagonisti di turno affrontare condizioni meteo proibitive tra valanghe, tempeste e freddo, rendendo questo anche un “campo di battaglia” dove si consuma il confronto umano, affettivo e generazionale tra due esistenze e al contempo tra un padre e un figlio. Nel recinto di un cinema di genere, il regista olandese infatti incastona un dramma domestico in cui la dimensione intima di un rapporto familiare si specchia nell’imponente cornice di una natura tanto pericolosa quanto impassibile.
Il pregio della scrittura e l’elemento di originalità stanno nella capacità di spostare l’attenzione dal genere di riferimento e mantenerla sul conflitto tra Rein e Gijs, qui interpretati in maniera molto convincente da Reinout Scholten van Aschat e Gijs Scholten van Aschat, facilitati nella performance dall’essere figlio e padre anche nella vita reale. Il ché traspare e si tramuta in uno dei punti di forza dell’opera. Si assiste così a uno studio dinamico e credibile della loro relazione, al quale si va ad aggiungere l’esplorazione del carattere mutevole della mascolinità nella società contemporanea. Vediamo nel corso della timeline un padre e un figlio spogliarsi lentamente dei loro privilegi occidentali moderni, della tecnologia, dei rancori personali e del loro ego, lasciandoli nudi di fronte alla natura. L’irrisolto nel rapporto e la rivalità tra maschi diventano di fatto la benzina che alimenta il motore della tensione che sale gradualmente sino a implodere sullo schermo. Merito pure della regia che permette a un vero e proprio tour de force fisico ed emotivo di prendere forma e sostanza attraverso immagini visivamente impattanti e mozzafiato, in cui è l’ambientazione che fa da sfondo a fare la differenza così come il sound design, aiutando le inquadrature ad assumere un carattere spettacolare. Peccato solo per la scelta dell’aspect ratio 4:3, tornato tanto di moda negli ultimi anni, che qui restringendo il campo non permette alle immagini di essere ancora più potenti.
Francesco Del Grosso