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Adventures of a Mathematician

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VOTO: 7

La fine della guerra

Una coproduzione tedesco-polacca che osserva, dal punto di vista statunitense, la genesi della bomba atomica che decretò la parola fine al Secondo Conflitto Mondiale nel tragico modo che tutti conoscono. Non l’unico elemento paradossale di Adventures of a Mathematician, lungometraggio diretto dal nativo di Kaiserslautern Thor Klein ed incentrato sulla movimentata esistenza del matematico polacco di origine ebraica Stanislaw Ulam, emigrato con il fratello negli Stati Uniti quando la minaccia nazista già incombeva pericolosamente sulla terra natia.
Un biopic dunque. Ma anche un prodotto confezionato come un tipico film hollywoodiano, dal ritmo narrativo sostenuto e una fotografia dai colori sgargianti in grado di esaltare anche gli aspetti più commerciali di un’opera che, almeno in buona parte, tiene perfettamente fede al titolo che l’accompagna. Eppure sono proprio i contenuti drammatici a tracciare in maniera inequivocabile la linea di confine tra questo e uno dei tanti prodotti d’intrattenimento partoriti in serie dall’industria hollywoodiana. Soprattutto il tormento morale del protagonista e dei suoi colleghi, chiamati a progettare in gran segreto, nelle remote terre desertiche del New Mexico, quella che sarebbe risultata a posteriori l’arma definitiva per volgere gli esiti della guerra in favore della parte americana. Al prezzo altissimo di vite umane che conosciamo.
Sarebbe stato dunque gioco facile – per qualunque produzione a stelle e strisce – esaltare il genio di questi talenti appartenenti a varie discipline nel nome di una vittoria tutt’altro che scontata, come la Storia ci insegna. Al contrario il fantasma delle vittime di Hiroshima e Nagasaki aleggia costantemente nelle coscienze degli scienziati persino prima che gli ordigni fossero effettivamente sganciati. Poiché tutti loro, sebbene volessero negare l’evidenza sino all’ultimo, erano a conoscenza dell’utilizzo che il paese avrebbe fatto di quella terribile arma.
Passano così in secondo piano narrativo le vicende personali del matematico Ulam. Dalla ricerca di una compagna alla creazione di una famiglia e conseguente nascita di sua figlia negli Stati Uniti. Un conflitto interiore di insondabile portata che emerge però solo a tratti nel film di Klein, per un uomo diviso tra la riconoscenza verso il paese d’adozione e il timore per la patria invasa dai tedeschi, dove buona parte della famiglia risiedeva ancora. Quella di Adventures of a Mathematician – opera presentata in Concorso alla trentanovesima edizione del Bergamo Film Meeting – è dunque una natura piacevolmente ibrida che rappresenta al contempo il pregio maggiore ed il principale limite del film. La cui visione scorre del tutto priva di momenti interlocutori dove la noia potrebbe affacciarsi ma anche senza quella profondità drammaturgica che un tema così delicato avrebbe forse richiesto. Esplicitando così la doppia natura di un prodotto chiamato allo stesso tempo ad intrattenere e far riflettere, annullando a monte quell’aura autoriale che, in teoria, avrebbe potuto tenere lontano il grande pubblico.
Un esperimento comunque in gran parte riuscito – anche per merito di un cast perfettamente in parte, capeggiato da un eccellente Philippe Tlokinski nei panni del protagonista – per un’opera che coltiva, nemmeno troppo sotterraneamente, l’ambizione di rompere l’ingombrante etichetta di pellicola tipicamente “da festival”, allo scopo ultimo di proporsi ad una platea ben più vasta. Aspetto che non ci sembra affatto da considerare alla stregua di un peccato originale. Senza peraltro sottovalutare l’aspetto didattico di una vicenda storica da tenere sempre ben presente nella memoria, contenendo essa l’insegnamento fondamentale secondo cui ogni guerra, anche vinta, richiede un tributo altissimo e insostenibile da versare. Anche in termini di ferite interiori non rimarginabili.

Daniele De Angelis

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