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You’ll Never Be Alone

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VOTO: 7

Un mondo senza pietà

Dopo aver avuto la sua première all’ultima Berlinale, You’ll Never Be Alone (Nunca vas a estar solo, in originale) di Álex Anwandter è finito in concorso al 15° Rome Independent Film Festival, con una ulteriore responsabilità: dare il via oggi alla serata inaugurale della kermesse capitolina, tradizionalmente votata a esplorare le diverse frontiere del cinema indipendente. Il film cileno lo abbiamo potuto vedere in anteprima. E allora diciamo pure che non poteva esserci una scelta più azzeccata, per il felice connubio tra certi argomenti estremamente delicati e una non banale forma cinematografica.

In un’edizione del festival che sulla carta si annuncia molto ricca (parafrasando scherzosamente gli Stadio, verrebbe naturale condensarne la freschezza nella formula: “chiedilo a una rassegna di 15 anni di età”), colpisce del resto che diversi titoli, in concorso e non, siano raggruppati in un trasversale Focus LGBTQ . Appare quindi doppiamente significativo che uno di questi sia stato scelto quale film d’apertura.
Ma You’ll Never Be Alone non affronta le tematiche gay e affini in modo convenzionale. Si spinge oltre, legando un episodio di intolleranza particolarmente vigliacco e crudele a un quadro non solo sociale, ma anche esistenziale, decisamente più ampio, alimentandosi di immagini che scavano nell’intimità dei personaggi per poi comporre l’affresco di un Cile sofferente, in affanno. Un po’ come se la lezione di Pablo Larraín fosse anche qui, almeno in parte, filtrata.
Il taglio dell’opera è a ben vedere decisamente composito. Le scene iniziali, assieme ad altre che verranno dopo, hanno un sapore quasi “almodovariano”, nel tratteggiare le innocenti trasgressioni, i sentimenti e i sogni del protagonista più giovane, Pablo, ragazzo gay con l’anima prigioniera di un quartiere dove il bullismo e il machismo sembrano essere la regola. Ma poi c’è Juan, suo padre. Lavoratore instancabile con vicende famigliari comunque difficili alle spalle, totalmente ripiegato sulla sua occupazione in un laboratorio di manichini, che sembrerebbe assente dalla sfera emotiva del figlio, ma che con la sua etica proletaria (il percorso che si trova a compiere potrebbe ricordare persino Ken Loach) tirerà fuori, andando avanti, un’umanità dolente e sincera, dal calore almeno all’inizio quasi insospettabile. Anche perché, dopo il gravissimo atto di violenza subito da Pablo verso metà film, con una già apprezzabilissima cesura narrativa i riflettori verranno puntati proprio su di lui, sulle sue reazioni emotive a una così assurda aggressione, nonché sulla dimostrazione di una paternità forte ed empatica…

Álex Anwandter, nativo di Santiago e attivo in Cile anche come musicista, compositore di canzoni e regista di videoclip, nel condurre il racconto dimostra via via di possedere un’attenzione per le inquadrature e una musicalità di fondo (per l’appunto), che consentono al film di sottrarsi all’impronta univoca del classico cinema di denuncia. In effetti di You’ll Never Be Alone è anche la profondità dello sguardo a convincere, un continuo attingere a risorse espressive e narrative che amplificano il dramma dei personaggi, inserendolo in una cornice diversa che non soltanto allude alle tensioni psicologiche, o famigliari; ma le contestualizza invece in un abisso sociale dove l’unica ossessione pare essere il produrre ricchezza, a discapito di quei meccanismi solidali ancora presenti, qui, ma in una forma sempre più precaria e contraddittoria.

Stefano Coccia

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