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Yana-Wara

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VOTO: 8

Realismo magico in salsa Aymara

Tra le perle di questa edizione 2024 de La Nueva Ola – Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano va annoverato anche un lungometraggio peruviano, Yana-Wara, capace di rinverdire la già florida tradizione del realismo magico di provenienza latinoamericana, attingendo a mani basse all’immaginario e ai Miti della cultura Aymara.
Un’emozione forte, quindi, già nella genesi di tale lavoro cinematografico. Emozione raddoppiata, volendo, dal fatto che l’autore del film, Óscar Catacora, è venuto a mancare più o meno all’inizio delle riprese del film, che sono state portate avanti e terminate dallo zio Tito Catacora, anch’egli cineasta nonché produttore di precedenti opere del nipote.

Riassunti sinteticamente qui tali retroscena, cominciamo col dire che l’intenso lungometraggio peruviano si focalizza sul lungo racconto di Evaristo, ottantenne accusato dalla comunità d’appartenenza della morte di sua nipote, la giovane Yana-Wara. Attraverso questo articolato esercizio di storytelling i compaesani e le autorità locali vengono a conoscenza della tragedia vissuta dalla ragazza, nata sotto un Fato avverso, abusata da un maestro elementare collerico e lascivo, insidiata da antiche forze spiritiche e aggredita poi da malesseri fisici divenuti insopportabili, accompagnata infine verso la morte dallo zio più per un gesto di pietas che per qualche cinico e/o spietato impulso.
Cosmogonie andine e popolazioni autoctone la cui quotidianità è regolata ancora oggi da pratiche giuridiche, riti sciamanici e altre usanze di origine precolombiana. Materia e spirito, parimenti sofferenti. Alpaca e altri camelidi sudamericani portati al pascolo come da noi le capre o le pecore. Presenza di un piano soprannaturale che può fare capolino nella vita della comunità in ogni momento. In Yana-Wara i retaggi di una tradizione locale affascinante per molti versi, non scevra di zone d’ombra, invece, quando le ambiguità del presente vanno a contaminarla, si riflettono in un plot il cui pathos è evidente dalla prima all’ultima inquadratura. Laddove l’esistenza di personaggi già alle prese con il carattere impervio e isolato dell’ambiente circostante va a scontrarsi con l’applicazione, non sempre coerente, di quegli antichi codici morali sopravvissuti alla conquista europea.

Elegia in nero alimentata dai molteplici risvolti della cultura Aymara, rappresentati qui in chiaroscuro, un film come Yana-Wara mette positivamente a frutto l’elegante fotografia in bianco e nero e le altre accortezze stilistiche, dal formato prescelto alla camera fissa, così da riportare sullo schermo uno straordinario apologo morale in cui i valori della Tradizione, il buon senso popolare e i danni inflitti dalla modernità ai precedenti modelli di vita vengono a comporre un conflitto forse insanabile.

Stefano Coccia

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