La normalità del male
Non è un horror, il sudcoreano A Normal Family di Hur Jin-ho, eppure suscita orrore la banalità del male che viene raccontata; una storia di famiglia come – per fortuna – NON ce ne sono tante, sebbene la cronaca riporti sempre più spesso aberrazioni similari. In concorso alla 26ma edizione del Far East Film Festival, A Normal Family si incentra sul rapporto tra due fratelli, il primo, Jae-wan, avvocato di successo senza scrupoli, l’altro, Jae-gyu, medico pediatra appassionato ed integerrimo; vicini all’apparenza, mostrano tutto la loro reciproca acredine durante le cene familiari a quattro, a partire dal rifiuto della moglie di Jae-gyu di accettare in famiglia la giovane (e novella madre) moglie di Jae-Wan fino alla gestione dell’anziana madre, affetta da demenza senile.
Le carte sono in tavola: un avvocato pronto a difendere chiunque per soldi, un medico idealista, il confronto morale è subito serrato; ma cosa accade quando a pesare sulla bilancia è il futuro dei propri figli? Il giudizio resta allo spettatore, Hur Jin-ho srotola la storia come un thriller psicologico di cui si conoscono subito i colpevoli, ciononostante le sorprese arrivano scena dopo scena, cena dopo cena, fino al finale, inevitabile, cupo, inatteso.
Un incidente da maneggiare con cura, quello che capita in contemporanea con una delle loro cene, e che risulterà letale per la fragile armonia familiare: la figlia maggiore di Jae-wan (avuta dalla prima moglie) ed il figlio di Jae-gyu, entrambi adolescenti, rientrando dopo una festa tra amici, uccidono di botte un senzatetto. Riconosciuti dai rispettivi genitori da un video virale in rete, prima negano di essere loro, poi raccontano una versione, poi un’altra, mentre la verità si fa strada a poco a poco. E le cene in famiglia diventano il banco di prova per i due fratelli; le convinzioni profonde di entrambi vengono minate alla radice, mentre la cordialità apparente di tutti si incrina sempre più, fino alla rottura finale. Se per Jae-wan era normale difendere un assassino, anche un viziato figlio di papà che uccide – per fatalità ma con intenzione – una bimba, ora che sul banco degli imputati rischia di finire la propria figlia la scelta sembra ovvia: tacere, fino all’archiviazione del caso. Jae-gyu, che la bimba uccisa ha avuto in cura sino alla fine, è invece dilaniato dalla sua coscienza, che lo spinge a denunciare figlio e nipote, mentre sua moglie non ha dubbi ed è pronta a difendere il figlio a qualunque costo. Ma le cose prenderanno una piega diversa, a mano a mano che la verità viene svelata ed ognuno fa i conti con la propria coscienza. Ed i reali caratteri dei due fratelli usciranno alla luce, la brace sotto la cenere tornerà a bruciare, i ruoli andranno a braccetto come in una danza, prima in un senso, poi nell’altro, diritti alla meta per poi invertire la rotta. E se l’anziana madre continua a magnificare l’intima bontà di un figlio e non dell’altro, quello che sembra un giudizio dettato dalla sua non lucidità acquisirà infine ben altro peso.
A Normal Family è un dramma familiare raccontato con cinico disincanto, uno sguardo nel mondo dei ricchi cui tutto è concesso, anche giocare a dadi con la vita degli altri; elementi specificamente culturali e personali si intrecciano poi nella narrazione di Hur Jin-ho, dando vita ad emozioni contrastanti ed intense, che l’ottima interpretazione dei protagonisti trasmette agevolmente sullo schermo, lasciando allo spettatore la riflessione su cosa significhi essere un genitore ed il giudizio morale sul giusto e sbagliato.
Michela Aloisi