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X – A Sexy Horror Story

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VOTO: 7.5

Un remoto angolo d’America

A prima vista X – A Sexy Horror Story (il sottotitolo italiano aggiunto è un altro inganno modello scatole cinesi) pare la classica operazione cinefila, omaggiante fin quasi alla paraculaggine l’horror tellurico degli anni settanta, quello che ha visto in Tobe Hooper ed il suo seminale Non aprite quella porta (1974) i suoi alfieri maggiormente conosciuti. Un ricalco, a partire dall’ambientazione per finire alle modalità di messa in scena, nelle premesse quasi calligrafico, da copia conforme in grado di suscitare antichi fremiti e rievocare perdute nostalgie. Tuttavia è sufficiente entrare gradatamente nel mood di un lungometraggio che vede una scalcinata troupe amatoriale (e andiamo col metacinema!) recarsi in una fattoria – abitata da una coppia di anziani – nel remoto Texas con la pretesa di girare un porno “epocale” in stile Gola profonda per comprendere come l’incipit narrativo sia solamente una falsa pista, una trappola tesa allo spettatore ben ansioso di finirci dentro senza protezione alcuna al pari degli ignari protagonisti. Come si conviene ad un autentico horror targato A24, ormai celebre casa di produzione ben più portata alla sottigliezza dell’inquietudine piuttosto che alla banalità dello spavento facile. Non che in X (semplice, secco, ambiguo, titolo originale) manchino i momenti forti, tutt’altro. Lo splatter abbonda, con particolare attenzione – e aggressione – allo sguardo fisico dei personaggi, i cui occhi finiranno martoriati in almeno un paio di occasioni. Del resto in X la fallacità dello sguardo, inteso come superficiale e sommaria analisi illusoria delle cose, regna assolutamente sovrana. Il porno come possibile forma di Cinema avanguardistica. Il sesso per conto terzi un’impresa come un’altra per far soldi in America, paese delle opportunità. Poi però si devono fare i conti con il tempo che passa implacabile, dall’altra parte della barricata. E crogiolandosi nella vecchiaia e nel decadimento fisico potrebbe scaturire un orrore primigenio dalla virulenza incalcolabile. E questo è esattamente l’implacabile meccanismo che mette in atto X, a partire dalla scelta assai simbolica di far interpretare due parti – quella della giovane starlet in pectore Maxine e della terribile vegliarda Pearl – all’attrice Mia Goth: accostare l’ingenua irresponsabilità giovanile alla presa di coscienza della fine della propria parabola esistenziale. Con effetti deflagranti. Perché il regista e sceneggiatore Ti West non solo conferma quanto di buono fatto vedere in opere precedenti quali l’atipico western Nella valle della violenza (2016) e l’angosciante The Sacrament (2013) – in X c’è anche un evidente punto di contatto con quest’ultimo lungometraggio – ma catapulta lo spettatore in un inestricabile labirinto di specchi e ossessioni. Un raffinato “gioco” al massacro di opposti e simmetrie che vede il sesso da una parte come agognato medium di guadagno ed emancipazione, dall’altra come desiderio di qualcosa ormai (quasi) irrimediabilmente perduto. Ed X infatti non si tira affatto indietro quando si tratta di infrangere qualche pesantissimo tabù non solo cinematografico, tipo il mostrare quanto possa essere irresistibile il richiamo carnale anche ad una certa età.
Se al giorno d’oggi, per un film classificabile nel genere horror, diventa impresa quantomai difficoltosa creare nuove fonti di paura che non siano semplici espedienti formali, saggiamente Ti West compie uno scarto laterale, scegliendo con ragionata consapevolezza di solleticare e conseguentemente disturbare le cattive coscienze di chi guarda. Esattamente ciò che dovrebbe fare un buon film di genere 2.2, guardando con riverenza al passato – particolare attenzione in X anche ad un famelico alligatore che pare arrivato per direttissima da Quel motel vicino alla palude (1976), affatto casualmente ancora di Tobe Hooper – per rileggerlo e rielaborarlo in chiave futura. Aprendosi ad un’infinità di letture sia teoriche su cosa significhi veramente fare cinema che socio-politiche, in un mondo che pare regredire, in materia di libertà individuali, ogni giorno che passa.
Non resta che attendere con interesse, allora, il prequel di X, intitolato Pearl e dedicato appunto alla gioventù della memorabile anziana di X, sempre interpretata dall’ottima Mia Goth. Solo al cinema il tempo può essere reversibile, ma nessuno può sapere cosa mai potrà riservarci…

Daniele De Angelis

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