Il lato oscuro del regime
Uppercase Print (in originale Tipografic majuscul), cioè stampatello maiuscolo: il carattere usato dal giovane studente Mugur Calinescu per gridare al paese il suo dissenso, scrivendolo con il gesso sui muri della comunista Bucarest di Ceausescu. Da questa storia, emersa da un voluminoso dossier della Securitate, la Polizia segreta rumena, Gianina Carbunariu ha tratto una potente e diretta opera teatrale documentaria, usando solo il testo dei due dossier relativi a Mugur, Pannello e Studente. In collaborazione con la Carbunariu, il regista rumeno Radu Jude ha realizzato un equilibrato ed avvincente mix tra le due Arti: con un montaggio perfetto tra immagini teatrali, estratti musicali, cabaret satirico e documenti d’epoca misti a finzione, il notevole Tipografic majuscul, film presente nella sezione Fuori dagli Schermi della 32ma edizione del Trieste Film Festival, porta su grande schermo (ancorché piccolo, trattandosi di festival in streaming) un pezzo di storia non solo rumena ma del comunismo in senso lato, in tutte le sue accezioni.
All’interno di uno spazio circolare, rappresentazione di uno studio televisivo, ci si sposta senza soluzione di continuità dal 1981, anno in cui avvennero i fatti, al 1985, anno della morte del giovane Calinescu; in mezzo, la narrazione teatrale dei fatti, l’inchiesta della Securitate, gli interrogatori, la condanna etica di madre ed insegnanti, il piano quinquennale e la conclusione dell’inchiesta, il ‘recupero sociale’ di Mugur, integrato e coinvolto nelle legali attività giovanili fino alla sua morte sospetta, dovuta ad avvelenamento da radiazioni. Il tocco registico di Jude riesce ad accostare con leggerezza stilistica e profondità d’intenti alla semplice narrazione uno spaccato dell’epoca rumena di Ceausescu, grazie al fiorente materiale d’archivio che spazia dall’estratto musicale di contadine rumene al duo di cabaret satirico, alle immagini di vita comune, dai cosmetici ‘di stato’ cordal e reposta al divieto di suonare il clacson; ne emerge chiaramente il ‘lato oscuro’ di un regime che trae la sua forza dalla paura. Paura della Securitate, ma soprattutto psicosi del controllo, che si esplicava principalmente tramite intercettazioni telefoniche, e una crescente mancanza di fiducia tra esseri umani, viste le numerose delazioni e finanche tradimenti da parte di chi si credeva amico. Mentre nella vicina Polonia si sviluppava un clima favorevole a rispetto dei diritti dei lavoratori e libertà, grazie alla nascita di Solidarnosc, in Romania si consumava la tragedia di un giovane eroe sconosciuto: un adolescente di 16 anni armato solo di un gessetto, blu o bianco, che voleva rivoluzionare il suo mondo.
Michela Aloisi