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Unfriended

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VOTO: 5

Non entrate in quella chat

Idea affatto malvagia, almeno in teoria, quella di realizzare un horror avente come unica, atipica “location” la schermata di un personal computer. Costi bassissimi in primo luogo, ma anche qualche spunto non banale da poter analizzare, tipo il voyeurismo esasperato della “generazione youtube” oppure la connessa pratica, tanto degradante quanto dilagante, di un cyberbullismo atto a prendere di mira persone antipatiche o semplicemente svantaggiate rispetto a nefasti criteri di pseudo-normalità. In Unfriended ci sono solamente delle tracce di tutto ciò, purtroppo messe presto da parte a favore di un convenzionale film di genere che tratta la gioventù contemporanea alla stregua di decerebrati in preda ai più bassi istinti, da eliminare fisicamente quanto prima possibile.
Ma andiamo con ordine. Si inizia con il video del suicidio di una ragazza, osservato da una sua compagna di scuola il cui pc farà, in qualche modo, da ambientazione cinematografica per tutta la durata del film. Repentinamente si passa – thanatos ed eros: gli autori si sono formati in tutta evidenza sui classici… – ad una sessione di sesso virtuale che si blocca ad un passo dalla sua effettiva consumazione. Questo poiché in chat arrivano gli altri amici del gruppo. Ma pure qualcun altro, non immediatamente identificabile e, soprattutto, non bannabile in alcun modo. Diciamo solo – per non spoilerare troppo, anche se il filmetto lo meriterebbe – che quel fatidico giorno ricorre un anno esatto dalla morte di Laura Barns, la giovane suicida. Ovviamente, nel corso di un’ora e venti di durata in tempo praticamente reale, emergeranno verità inconfessabili che sveleranno la vera natura dei sei amici in chat.
Non è comunque la totale prevedibilità della trama il difetto fondamentale di Unfriended. Piuttosto stupisce in negativo un’assoluta mancanza di approfondimento sul malessere dei giovani protagonisti. In questo senso il film del regista lituano – chiaramente ben assimilato ad un certo tipo di produzione statunitense rivolta innanzitutto al facile incasso scaturito dal basso budget; del resto è difficile sbagliarsi: nel film c’è lo zampino produttivo della onnipresente Blumhouse di Jason Blum – Levan Gabriadze pare svicolare programmaticamente da qualsiasi discorso socio-politico tipico del genere di qualche decennio orsono; le conclusioni a cui si giunge sono ovvie: internet può rappresentare il male assoluto e chi ne fa un uso così aberrante merita la punizione più esemplare possibile. Se gli slasher di trent’anni e più fa s’interrogavano con spirito riflessivo sulla natura ambigua del male che insidiava i teenager di allora, oggi si sceglie la comoda scorciatoia di un assioma alla “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, intriso di un moralismo qualunquista che, a tratti, potrebbe essere considerato l’unico fattore davvero inquietante del film. Senza contare l’effetto collaterale del fastidioso mal di testa che potrebbe cogliere lo spettatore alle prese con finestre su finestre che si aprono a getto continuo sulla schermata del pc che funge da famigerato Point of View per quasi tutta la durata di Unfriended, ad eccezione dell’ultimissima inquadratura. Quando cioè il cinema, attraverso una sorta di pulsione istintiva che segna un tardivo ritorno ad una narrazione tradizionale, chiude finalmente il portatile e pone fine ad una mattanza adolescenziale nella quale la noia è l’unico convitato di pietra.
Infine una curiosità che riesce a farsi, in un certo qual modo, metafora. L’intero cast – che interpreta, come specificato in precedenza, una combriccola di freschi post liceali – volge inesorabilmente verso la trentina di anni d’età. Al cinema si bara spesso con il fattore temporale, ma qui si esagera. Un’incapacità di crescere che viaggia parallelamente con la palese mancata compiutezza di Unfriended? Ad ogni modo, a vedere il bicchiere mezzo pieno, ci siamo tolti pure il dente del primo “chat-horror” online della storia: tanto altro la (poco) fertile fantasia di produttori acchiappasoldi difficilmente riuscirà ad inventarsi…

Daniele De Angelis

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