Carne aliena: per Glazer si fa bella
Da un punto di vista più superficiale, Under the Skin (nelle sale italiane, il 28 agosto 2014) è una semplice storia di alieni. Approfondendo il discorso e guardando più attentamente, il film racconta l’esistenza di uno sguardo mobile. Una forma che emerge dolce e sinuosa, liscia e rotonda, creata da mani invisibili per dar forma a un’ iride perfetta all’interno del quadro.
Per molti versi atipico, il film del regista inglese Jonathan Glaser esce nelle sale dieci anni dopo la realizzazione del precedente Birth-Io sono Sean, girato nel 2004, protagonista Nicole Kidman. All’oggi Scarlett Johnson mostra e dona il suo corpo per divenire attrazione di sguardi, suscitando il desiderio in un messaggio quasi consumistico. Laura è un alieno. L’entità paranormale protagonista delle vicende narrate, bruna, attraente, va a caccia di uomini giovani e soli per un unico scopo: condurli a morte certa tramite erotica cerimonia.
Il tempo impiegato da Jonathan Glazer per tornare dietro la macchina da presa non è stato vano. Tratto dal romanzo di Michel Faber, Under the Skin, sensuale ed estetico, è il viaggio attraverso il pianeta Terra di un’entità altra, percorso sorprendente a stimolare pensiero e attenzione.
Su una camionetta, la seduttrice va a caccia di prede. Come si è detto, il film potrebbe essere comune nel suo genere: un’entità aliena atterra sul nostro pianeta (Scozia), prende possesso del corpo di una donna giovane e bella. Alla guida di un furgone, Laura attira uomini per farli scomparire tramite un processo simile a quello del’assimilazione per saziare non sé, ma l’altra entità.
La situazione conduce inevitabilmente a Maniac (recentemente ripreso da Franck Khalfoun) così come a The Mutant (Roger Donaldson, 1995). La donna deve assicurarsi del desiderio risvegliato (“Pensi che io sia bella?“), ma soprattutto della solitudine esistenziale della preda: l’essere umano deve essere senza famiglia, privo di legami sentimentali. Tutto ciò suggerisce un piano guidato da precise istruzioni.
A polarizzare sguardo e udito in un primo tempo è l’atmosfera musicale messa in scena da Mica Levi per creare un’ambientazione astratta e intimidatoria. In un secondo tempo tutti vedranno la sperimentazione ingegneristica senza precedenti messa in scena da Glazer. Tutto porta a un iter per costruire una storia fantastica al di là dell’immaginario e dell’indicibile.
I primi secondi di pellicola mettono lo spettatore sotto ipnosi. Uno schermo nero in mezzo al quale palpita una luce fioca. La Johnasson è perfetta nel recitare il ruolo di femme fatale che mostra tutto il suo charme.
La pellicola si fa carne, maltrattandone l’idea stessa, procedendo sempre più lontano, al di là di tutte le possibili variazioni tra Lynch e Cronenberg, danzando sul medesimo tema. Under the Skin, film immerso in una radicale/algida quarta dimensione, emana maggior mistero che qualsiasi pellicola horror.
Chiara Roggino