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Un figlio a tutti i costi

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VOTO: 7

Fabio Gravina da De Filippo ai lettini del pranoterapeuta, per il suo esordio al cinema

Tra commedia dell’arte e cinema indipendente, fatto di gag realmente surreali e ordinaria follia.
Nella sfida a non cedere alla volgarità, misurandosi solo con il senso dell’assurdo immanente alla vita stessa nella contemporaneità, fatta di schemi sociali da soddisfare e di insoddisfazioni dell’anima difficili da curare, Gravina dallo spunto biografico delle esperienze tragicomiche di un amico alle prese con la procreazione non troppo assistita, viaggia tra amore, sogni e altri disastri, solcando convenzioni e speranze di una “quasi” famiglia nel caos dell’oggi.
Due coniugi ultra quarantenni spinti dal desiderio di diventare genitori affrontano un turbine di avventure, dall’accoppiamento forzato negli orari “fertili” alla “terapia e pallottole”, fino agli “inseminatori professionisti” con tanto di catalogo della progenie papabile. Dalla sedia della fecondazione allo zampone di porco, dalle fughe cimiteriali alle sette misteriose, fino a che punto si arriva per avere una famiglia senza perderne il senso? Un figlio a tutti costi, esordio cinematografico di Fabio Gravina dal primo marzo in sala.
Un gioco e una prova, un conto alla rovescia in un mondo sottosopra, dalla “o” alla “z”, tra donne impazienti e uomini senza “u” maiuscola, in un mondo fuori controllo. Lo scoprirà suo malgrado il protagonista, uomo comune affetto da comuni dubbi e fragilità, interpretato da un sempre mastodontico Fabio Gravina, a suo agio con grazia esilarante e sorniona tanto sul palco teatrale quanto davanti la (propria) macchina da presa. Copioso e vibrante il cast, dal commissario Ivano Marescotti) alla stalker psicopatica e ninfomane Paola Riolo, straordinaria, dall’amico psicanalista Stefano Masciarelli ai mille e nessuno e centomila personaggi in cui si moltiplica con un cameo ben costruito Maurizio Mattioli fino all’ambiguo inseminatore Convertini.

Sarah Panatta

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