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Un due tre stella

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VOTO: 7,5

Magi(e) nel Tempo

Giovedì 27 maggio, in concomitanza con la proiezione dell’ormai celebre documentario Milano Calibro 9: Le ore del destino presso il Circolo ARCI Arcobaleno di Roma, che ospita da tempo gli eventi di Indiecinema Film Festival, si è potuto mostrare per lo stesso festival e rigorosamente fuori concorso un altro lavoro di M. Deborah Farina: l’inedito, almeno per la capitale, Un due tre stella, cortometraggio che in realtà sta già circolando parecchio grazie a svariati eventi e rassegne e che figura proprio adesso in concorso al Trasimeno Art International Film Festival.
Un corto, questo, che comunque nella versione estesa raggiunge i 30 minuti, facendo sì che nella sua scansione temporale si avverta non soltanto l’anima di un mediometraggio, ma anche qualcosa di più. Oltre al rivelare, nella sua narrazione a tratti onirica e capace comunque di inglobare con naturalezza gli stimoli più disparati, quella particolare propensione per un cinema narrativo non convenzionale, fuori dagli schemi, che la stessa M. Deborah Farina ha esibito finora persino in quei documentari che spesso, al loro interno, contengono brevi scene di fiction montate – talora in modo quali subliminale – quale arguto contrappunto alla ricerca proposta. Ciò avviene per esempio – e con un esito decisamente felice – nel film poc’anzi citato, Milano Calibro 9: Le ore del destino.

Dal canto suo Un due tre stella è surreale, poetico, fuori dal tempo. Fuori dal tempo, proprio perché intorno al Tempo e all’uso che ne facciamo si costruisce passo passo un personalissimo teorema, che nel classico tema della Natività trova un orizzonte degli eventi in cui far confluire riflessioni, citazioni e “detour” d’ogni sorta. Vediamo infatti tre attempati “magi randagi” (pardon, la citazione di Sergio Citti ci è giunta spontaneamente in soccorso) seguire un’ipotetica stella che, attraverso una campagna campana di cui ogni location sembra raccontare una verità, una storia diversa, finirà per condurli un po’ ovunque. Anche dal famosissimo “bambinello”? Chissà. Quando “beckettianamente” l’attesa e il percorso diventano più importanti della meta stessa, può essere che altre “stelle” (quella dello sport, quella del teatro, quella della letteratura) intervengano sbarazzine ponendosi alla guida dell’allegra comitiva, così da trasformare ogni deviazione in una possibile (ri)scoperta di sé e del mondo.
Dal delizioso “Maradona bambino” che sgambetta su un campo da calcio al Barone Rampante di calviniana memoria interpretato con la giusta sfacciataggine da Lino Vairetti (a sua volta “stella” del precedente Osannaples e autore qui di bellissime musiche), passando anche per omaggi al cinema fantastico o sperimentale del passato (George Melies, Maya Deren), per stralunati tributi musicali (tanto amarcord con Robertino, ad esempio), per vibranti sebbene estemporanee rievocazioni di Giordano Bruno e per siparietti meta-teatrali connotati da notevole garbo (vedi l’omaggio a Eduardo) il girovagare del terzetto composto da Luciano Barbarisi, Enrico Beniamino De Notaris e Adolfo Ferraro (ossia il collettivo BarDeFe’ Teatro) ci pone a contatto con un’altra concezione del Tempo; tempo “scolpito” poi da presenze che aggiungono ulteriore emozione, in primis quella di Enzo Moscato qui alla sua ultima apparizione sullo schermo.

Stefano Coccia

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