Un distinto gentiluomo
Oltre ad essere stato un punto di riferimento per l’intera cinematografia britannica (e non solo), Tom Wilkinson possedeva un talento particolare: quello di riuscire ad inserire il suo aplomb very british in qualsiasi contesto cinematografico. In una famosa commedia faceva sorridere il suo freddo, impacciato, distacco. Pronto però a repentini cambi d’umore. In un dramma c’era solo da ammirare la sua recitazione in sottrazione, magari trattenendo dentro di sé un dolore a dir poco irrefrenabile. Una dote innata che gli permetteva di catturare l’empatia spettatoriale senza alcuna fatica.
Avrete senz’altro indovinato, dopo tale preambolo, i due film della carriera di Wilkinson a cui ci riferiamo, eleggendoli a sineddoche di una filmografia ricchissima di personaggi da rimarcare, anche se di secondo piano nelle varie economie narrative. Il primo è il celeberrimo Full Monty, che nel 1997 (e oltre) conquistò i botteghini mondiali. Una astuta commedia corale firmata da Peter Cattaneo sulla classe operaia che si guadagna il proprio spicchio di paradiso attraverso l’arte dello… spogliarello. Successo globale garantito grazie ad un grado di identificazione immediato. L’altra opera, sul versante stavolta drammatico, è In the Bedroom (2001) di Todd Field, che valse a Tom Wilkinson una candidatura al premio Oscar come attore protagonista. Un uomo onesto, impegnato socialmente, padre di un figlio ormai maggiorenne. Che si trova ad affrontare la morte violenta di quest’ultimo. Una straziante odissea nell’elaborazione di un lutto impossibile da superare. Nel corso della quale Wilkinson, in uno dei non troppo frequenti ruoli da interprete principale, offre il meglio della propria gamma recitativa, in bilico tra comportamento civile e desiderio di vendetta. Un dilemma estremamente rappresentativo dell’intera Natura Umana.
Altra caratteristica ben definita dell’attore Tom Wilkinson – scomparso improvvisamente a fine 2023 all’età di settantacinque anni – era quella di possedere un carisma marcato, assai insolito nel dorato mondo del cinema. In virtù di tale motivazione gli venivano spesso assegnati ruoli (secondari) altisonanti. Un generale d’esercito ne Il patriota (2000) di Roland Emmerich e in Operazione Valchiria (2008) di Bryan Singer. In entrambi i casi a fare degnissima spalla delle star in questione, ovvero Mel Gibson e Tom Cruise. In altri lavori di alto pregio gli spetta invece il ruolo di deus ex machina della trama, come nel cult Se mi lasci ti cancello (2004) di Michel Gondry, dove fungeva da inventore della rivoluzionaria terapia di “asportazione” di ricordi sentimentali troppo dolorosi. Oppure nell’ottimo Sogni e Delitti (2007) di Woody Allen, zio ricco e senza scrupoli che affida l’incarico di un omicidio ai suoi due nipoti. Addirittura il presidente Lyndon B. Johnson in Selma – La strada per la libertà (2014) di Ava DuVernay. Tutte opere di cui alla fine della visione si apprezzava il messaggio veicolato, la regia ben calibrata e l’interpretazione generale. Lasciando in sospeso la domanda su chi fosse quell’attore di talento così pronto a ricoprire ruoli anche ingrati ma del tutto essenziali a fini della vicenda.
Ad analizzare compiutamente la sua filmografia parrebbe difficile non definire Tom Wilkinson un “caratterista di lusso”. Di quelli magari tanto in voga nella Hollywood dei tempi d’oro. Preferiamo però per lui un altro tipo di descrizione, quella di “valore aggiunto”. Persino un’opera dal cast stellare come Grand Budapest Hotel (2014) di Wes Anderson – uno abituato a radunare attrici ed attori di un certo peso, nei propri film – non sarebbe stata la stessa senza la presenza di Tom Wilkinson. Un interprete del quale tutti i cinefili sentiranno d’ora in poi la mancanza. Parimenti alla stessa Settima Arte, che oggi si trova a piangere uno dei suoi esponenti forse “minore” ma certamente più brillanti.
Daniele De Angelis