L’indivisibilità degli opposti
L’amore e il rancore. La razionalità e la passione. Joel Barish e Clementine Kruczynski. Charlie Kaufman e Michel Gondry. Eternal Sunshine of the Spotless Mind – il lettore ci perdonerà se usiamo il titolo italiano Se mi lasci ti cancello, banale a dir poco, solo a scopo orientativo – è in fondo la perfetta coniugazione del paradosso in cui noi tutti ci immergiamo una volta venuti al mondo. Quello di vivere, cioè, in una totale, per certi versi inesplicabile, schizofrenia emotiva nei confronti della quale persino la ragione non può fare altro che ritirarsi in buon ordine.
Quella del film diretto da Michel Gondry è la storia di un viaggio che conosce la perfezione della felicità e il lancinante dolore della perdita. Una trama dalla circolarità inoppugnabile – il cui prologo non è altro che il finale osservato da un’altra prospettiva – che riassume in maniera esemplare la contraddizione di fondo riassunta da qualsiasi essere umano: l’inevitabile attrazione per il proprio opposto. Clementine s’innamora di Joel perché riservato, sensibile, intelligente. Joel s’innamora di Clementine perché esuberante, espansiva, impulsiva. Eternal Sunshine of the Spotless Mind – dai versi illuminanti del poeta inglese Alexander Pope, citati nel film dal personaggio interpretato da Kirsten Dunst – è imbevuto del romanticismo più puro e sincero, cui fa da contraltare il dramma della depressione più acuta. Il sentimento e la sua fine. Con l’impossibile, patetico tentativo di cancellare dalla propria mente il ricordo dell’altro. Impossibile, almeno quando il sentimento ha messo radice nell’animo. La fantascienza essenziale, privata di qualsiasi orpello poiché schematica e cerebrale del cinema di Charlie Kaufman, l’esploratore della psiche, sorprendentemente (?) trova perfetto complemento nella immaginifica messa in scena dadaista di Michel Gondry, in una sorta di rapporto amoroso a finalità artistiche con pochissimi eguali nella storia della Settima Arte. Se l’amore non resiste all’usura del tempo – il tempo della routine che quasi sempre segue quello dell’incanto iniziale – allora s’immagina che la scienza possa intervenire per cancellare il vuoto e placare quel dolore. Tralasciando un aspetto fondamentale: l’essere umano si nutre di quel tipo di sofferenza. Per crescere, cambiare. Migliorare o peggiorare. In ultimo per mantenere dentro di sé l’immagine di chi era veramente nel momento migliore. Joel perciò si ribella alla cancellazione del ricordo di Clementine. La quale, splendida licenza poetica del duo Kaufman/Gondry, interagisce come simulacro attivo nella mente di Joel, aiutandolo ad occultare il ricordo di loro insieme negli anfratti nascosti della memoria, laddove non avrebbe ragione di essere. E invece c’è, perché l’amore di una vita, per definizione, irradia la propria luce anche nel passato e nel futuro. Quello che magari non si riuscirà a vivere fisicamente ma sarà possibile deformare ad un livello superiore, quello mentale. O dell’anima.
Provate a rivedere oggi, ad oltre dieci anni di distanza dalla sua realizzazione, Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Facendo i conti con il tempo trascorso ed il bagaglio personale di vissuto che si è, inesorabilmente, accumulato. Si (ri)scoprirà un oggetto cinematografico etereo e inafferrabile, paradossale nel suo declinare nell’ambito del racconto filmico un’eventualità tanto impossibile – quella appunto di cancellare dalla propria memoria la persona prima profondamente amata poi visceralmente detestata – quanto il contesto è di un realismo assoluto, che confonde ad arte il paradiso e l’inferno esistenziali facendone un luogo unico, esattamente quello in cui nascono, vivono e muoiono i sentimenti. L’unico assunto che si percepisce con chiarezza, nella Babele amorosa del cult di Gondry/Kaufman – composto da schegge acuminate di dolore che centrano sempre il bersaglio, rimozioni reiterate dalle conseguenze inimmaginabili e intersezioni della psiche magnificamente colte nella loro esistenza autonoma – è che non è possibile fare a meno di avvicinare e conoscere la persona che ognuno sente affine. Un salto nel buio capace di dare un senso alla vita, smarrendosi in quella nebbia simbolica, affascinante e inquietante, come fanno Joel e Clementine nell’ultimissima inquadratura di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Ancora e ancora. Fino ad una fine che non esiste.
Daniele De Angelis