La guerra di Tom
In principio fu l’esercito, con la sua aura di autoritarismo e fisicità, a gettare le basi per la creazione di un immaginario destinato a mettere radici e a divenire iconico. Poi vennero gli incontri clandestini nei parchi e i motociclisti fasciati di pelle a completare la formazione artistica di una figura fondamentale per l’identità di un’intera comunità.
Tom of Finland – all’anagrafe Touko Valio Laaksonen – con le sue opere omoerotiche ed eccessive sovvertiva, a metà Novecento, lo stereotipo del gay, reinventandolo attraverso i suoi personaggi nerboruti ed estremamente virili, archetipi provocatori di una mascolinità troppo a lungo rimasta prerogativa del solo mondo eterosessuale.
É proprio la vita dell’illustratore finlandese, stimato grafico pubblicitario e, in segreto (almeno in principio), disegnatore underground ben presto divenuto di culto persino (e soprattutto) Oltreoceano, a essere protagonista assoluta dell’omonimo film di Dome Karukoski, apertura al 32° Lovers Film Festival.
Dalla Seconda Guerra Mondiale ai salotti di Helsinki, passando per i locali di Berlino fino ad arrivare agli eccessi della Los Angeles degli anni Settanta, Karukoski fa viaggiare il suo protagonista attraverso mezzo secolo di Storia, in un mondo in rapido mutamento eppure ancora troppo condizionato da forze repressive e conservatrici.
Ne esce un biopic solido e tradizionale che sa scansare i facili patetismi (la lunga storia semi clandestina tra Touko e il suo compagno, l’inizio dell’epidemia di AIDS) in favore di un’ironia partecipe e vitale, senza eccessivi compiacimenti né trovate sopra le righe. E se, qua e là, il rischio di sfiorare l’agiografia non è poi così improbabile, il film riesce a non perdersi mai nella celebrazione fine a sé stessa, ben consapevole, attento e sensibile alle problematicità che mette in scena.
Ecco allora che, a suo modo, Tom of Finland diviene un film militante, agguerrito come un protagonista che pare non aver mai appeso la divisa al chiodo, soldato di una guerra combattuta dentro e fuori le tavole da disegno, dove inchiostro, erezioni e proiettili acquistano la stessa drammatica importanza, la stessa violenta e sensuale consistenza.
Tra un disegno e l’altro, dietro a quei tratti incisivi e sicuri, Tom of Finland finisce irrimediabilmente per farci scorgere una vitalità e una libertà che vanno ben al di là del banale prodotto di nicchia per appassionati, ben al di là di ogni confine di genere, sesso o appartenenza.
Fino a dirci che in fondo, forse, siamo un po’ tutti “ragazzi di Tom”.
Mattia Caruso