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Center of My World

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VOTO: 6.5

Un vento gelido su una passione bollente

Monaco, poi Mosca e ora Milano: sull’asse Germania, Russia e Italia, si sta sviluppando il percorso festivaliero di Center of My World, quarta prova dietro la macchina da presa per Jakob M. Erwa, presentata nel concorso lungometraggi della 31esima edizione del Festival Mix Milano.
Trasposizione cinematografica del romanzo omonimo del 1998 di Andreas Steinhöfel, la pellicola del cineasta austriaco racconta la storia del diciassettene Phil che, dopo un’esperienza al campo estivo, fa ritorno a casa, dove vive con la madre e la sorella gemella. Il ragazzo si rende conto che, durante la sua assenza, il rapporto tra le due è cambiato, ma preferisce comunque trascorrere gli ultimi giorni d’estate con Kat, la sua migliore amica. L’inizio della scuola, porta un nuovo e misterioso compagno di classe, Nicholas, di cui Phil si innamora a prima vista. Tra i due ragazzi scoppia la passione, ma Phil non è pienamente soddisfatto perché difficilmente Nicholas lascia trapelare le sue emozioni. Come se non bastasse, questa relazione mina il rapporto con Kat, creando invidie e gelosie.
Già dalla lettura della sinossi è facile individuare la doppia anima drammaturgica presente nello script, che di fatto spacca letteralmente in due il film e il suo plot: da una parte il classico coming of age che porta sul grande schermo la crescita e la ricerca della propria identità, alla quale è legata anche la linea melò della vicenda amorosa vissuta dal protagonista; dall’altra il dramma familiare, dalla quale dipendono una linea mistery e un confronto generazionale tra una madre e i suoi figli. Insomma, davvero tanta carne al fuoco, che genera a sua volta una serie continua di intrecci narrativi che finiscono con il disperdere il potenziale di entrambe le parti. Dunque, non si tratta di una staffetta o di un cambio di pelle a un certo punto della timeline, utile a rilanciare e a dare un nuovo slancio alla storia e ai personaggi che la popolano, bensì di una contemporaneità resa possibile da un doppio piano narrativo che genera una saturazione. Problema, questo, che impedisce alle due macro-storie di fondersi e di confondersi, impedendo ad esse di diventare per osmosi una cosa sola. La mancanza di scorrevolezza e i momenti di stanca, interrotti da accensioni musicali che strizzano l’occhio al modus operandi di Dolan, sono le manifestazioni più evidenti della mancata osmosi.
Per quanto ci riguarda, è l’anima drammatica e la linea mistery a rappresentare il lato migliore di Center of My World, quello dove le componenti principali del progetto, comprese la regia e le interpretazioni degli attori (uno su tutti Louis Hofmann, rivelazione di Land of Mine, nel ruolo del protagonista Phil), tendono a funzionare di più e a restituire alle platee di turno delle discrete prove. Probabilmente un lavoro in sottrazione e un maggiore equilibrio in fase di scrittura avrebbero giovato all’insieme.

Francesco Del Grosso

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