Dramma sportivo dal racconto solido e coinvolgente
La famiglia texana dei Von Erich non è come tutte le altre: è una famiglia di artisti del palcoscenico, uno molto particolare, parliamo del ring. I Von Erich infatti sono atleti e, soprattutto, sono lottatori di wrestling.
Kevin (Zac Efron), il maggiore dei quattro fratelli (anche se il vero primogenito è morto molti anni prima in un incidente, aveva solo cinque anni), è famoso, in piena ascesa, si allena duramente e sogna il titolo mondiale. Suo padre Jack, detto “Fritz”, è stato a sua volta un wrestler, famoso per aver inventato la presa “artiglio di ferro” (che dà il titolo al film), e gestisce una società che promuove incontri di lotta a livello locale, con ottimi risultati vista la popolarità dello sport e i crescenti ascolti televisivi. In questa sorta di età dell’oro, siamo alla fine degli anni Settanta, Jack vede nei figli la possibilità di conquistare quei titoli e quella gloria che non ha potuto avere quando era lui a combattere in prima persona. A Kevin si unisce presto un altro fratello, David (Harris Dickinson) che, sorprendendo un po’ tutti, ottiene rapidamente grande popolarità tanto da superare quella di Kevin che, naturalmente, non la prende bene. Un altro dei rampolli di Jack, Kerry (Jeremy Allen White), è una promessa nel lancio del disco, con importanti record all’attivo, ma deve abbandonare l’idea di partecipare alle Olimpiadi del 1980 perché, com’è noto, per motivi politici gli Stati Uniti boicottano quell’anno l’edizione di Mosca (l’Urss restituirà lo smacco nel 1984, boicottando l’edizione di Los Angeles). Per Kerry è allora l’occasione per raggiungere il mondo del wrestling, con eccellenti risultati. A fare le spese di questa vera e propria impresa sportiva di famiglia, è l’ultimo dei fratelli, David (Harris Dickinson), più incline invece a seguire la sua passione per le arti e per la musica in particolare. Jack, un uomo tutto d’un pezzo che gestisce la famiglia con una disciplina quasi militare, ne è deluso e critica spesso il ragazzo, anche duramente. La madre Doris (Maura Tierney), anch’essa dal carattere rigido, avalla la situazione. Mentre ormai scorrono i roboanti anni Ottanta, Kevin si trova a vivere in una sorta di spettacolo continuo, perso tra i lustrini, i colori, gli eccessi e la violenza del wrestrling, continuando a inseguire un sogno che sembra sfuggirgli sempre più a lungo. Quando sposa la giovane Pam (Lily James), e cominciano ad arrivare i figli, le necessità di un padre di famiglia cambiano e, soprattutto, una lunga scia di tragedie comincia a falcidiare i Von Erich. Kevin deve trovare un modo di sopravvivere alle sue aspirazioni, ad un ambiente familiare asfissiante e ad uno stress sportivo insopportabile, mentre l’incredibile serie di drammi che lo circonda mette a durissima prova il suo carattere di lottatore.
Scritto e diretto da Sean Durkin, The Warrior ha dalla sua un impianto solido e una notevole cura dei dettagli, senza perdere mai di vista il ritmo e la giusta attenzione alla costruzione della storia. Grazie ad una elegante fotografia dai colori caldi e sgranati, ci immerge completamente nell’atmosfera dei decenni che racconta, utilizzando al meglio una messa in scena accurata ed un movimento della macchina da presa che esplora in modo dinamico tutto quanto accade attorno ai protagonisti. Quando però Durkin decide di fermare il suo obiettivo, svela un pregevole gusto dell’inquadratura, osservando quanto accade in modo discreto, e lasciando a una narrazione più intimistica la raccolta delle emozioni che i suoi ottimi attori sono in grado di esprimere. Al rutilante circo del wrestling fanno da contraltare le tensioni e i tormenti di ognuno dei fratelli, legatissimi fra loro, costretti a competere da un padre che non sembra mai soddisfatto del successo ottenuto, egli stesso vittima in qualche misura dello show business e da una insaziabile voglia di rivalsa. Non è un caso, a nostro avviso, che le prime sequenze in bianco e nero, accompagnate da una colonna sonora angosciosa e solenne, ricordino da vicino quelle di un altro celebre dramma sportivo, Toro scatenato (1980) di Martin Scorsese. Ispirato alla reale vicenda della famiglia di lottatori Von Erich, il cui vero nome era Adkisson, questo film ci parla della “maledizione” che pare aleggiasse su ognuno dei suoi membri, viste le gravi disgrazie che li hanno colpiti a uno a uno. Ma sa anche illustrare un’epoca e, al contempo, scavare nella psicologia dei suoi personaggi senza perdersi in un eccesso documentaristico, senza cioè lasciarsi stregare dall’affascinante periodo storico in cui si muove. Com’è ovvio che sia, difatti, la pellicola si allontana talvolta dalla realtà degli eventi, pur di mantenere una certa coesione e lunghezza accettabile (cosa di cui molti film odierni sono incapaci): eclatante a tal proposito l’assenza di Chris, ultimogenito di Jack, anch’egli wrestler dallo sfortunato destino, figura in parte “confluita” in quella di Kerry. Nonostante ciò lo stesso Kevin Von Erich ha apprezzato moltissimo quest’opera che, senza ombra di dubbio, sa emozionare gli spettatori anche quando sembra spingere su qualche momento strappalacrime. E’ un film con un ottimo cast, nessuno escluso, che sa dosare i tempi, che si concede delle lunghe inquadrature, che evita di correre ma che invece preferisce al momento giusto indugiare nei silenzi, e che sa quando lasciare che siano gli spettatori ad immaginare quello che accade, soprattutto nei passaggi più dolorosi. Raccomandato per chiunque apprezzi il buon cinema, anche quelli che non conoscono il bizzarro e profondamente americano fenomeno del wrestling.
Massimo Brigandì