Notte prima degli esami
Proiettato fuori concorso al 35° Trieste Film Festival, ma vincitore in precedenza del Premio Orizzonti per il Miglior Film all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Explanation for Everything (Magyarázat mindenre, 2023) del cineasta ungherese Gábor Reisz pare legato da un (neanche troppo) sottile fil rouge a un’altra opera presentata (e premiata) a Trieste, Without Air (Elfogy a levegő, 2023) della connazionale Katalin Moldovai. Quasi un caso di “sincronicità junghiana”. Poiché a poca distanza l’uno dall’altra entrambi gli autori hanno preso di petto un ambiente particolare, come quello scolastico, individuandolo quale terreno di scontro per idee politiche contrapposte, modelli culturali divergenti e tesissime questioni etiche. Tutto ciò con una società magiara divisa da forti contraddizioni sullo sfondo.
Cionondimeno, se il film della Moldovai ci è parso un piccolo, pungente capolavoro, quello di Gábor Reisz ci ha lasciato non poche perplessità. Nonostante il lusinghiero riscontro veneziano, nonostante l’impatto forte del suo precedente lungometraggio Bad Poems, nonostante l’impegno come produttore esecutivo del grande Kornél Mundruczó, nonostante le intenzioni assai positive almeno sulla carta.
In Explanation for Everything la miccia viene accesa dagli esami di maturità del pigro Abel, studente bocciato in Storia il cui fallimento scolastico diviene ben presto un caso nazionale, dato che la sua scena muta agli orali (che non trova peraltro corrispondenza coi risultati ottenuti in altre materie, tutto sommato positivi) viene ricondotta a tratti alla scarsa preparazione del ragazzo, a tratti invece all’aver indossato quasi casualmente un simbolo nazionale dal carattere ambiguo, che potrebbe aver indispettito un suo professore d’orientamento progressista. In un’Ungheria già così polarizzata, su certe questioni socio-politiche, tale episodio trasforma tanto il docente che un Abel (nomen omen, in questo caso) condizionato anche in famiglia nelle vittime sacrificali di un gioco mediatico, destinato a prendere una china sempre più sconcertante, pericolosa.
Fin qui le premesse sembrerebbero ottime. Tuttavia, laddove l’escalation narrativa del già menzionato Without Air si poggiava su una drammaturgia solida, stringente, asciutta, la via intrapresa da Gábor Reisz corrisponde invece a una verbosità diffusa, foriera peraltro di differenze di vedute espresse più su un piano “partitico”, a ben vedere, che politico in senso lato. Meno universale quindi e più a ricasco di polemiche contingenti dell’Ungheria contemporanea.
A ciò va poi aggiunto che lo stesso stile cinematografico dell’autore appare ben più prolisso. Nella sua durata di circa due e mezza, francamente eccessiva, Explanation for Everything divaga più di una volta lasciando che la macchina da presa, inquieta, ondivaga, si soffermi specialmente all’inizio e alla fine del film su qualche sbiadita tranche de vie, riguardante gli adolescenti protagonisti o altri personaggi del loro entourage famigliare e scolastico. La tensione dialettica così finisce per stemperarsi, facendo uscire allo scoperto sia qualche vezzo autoriale che un’impostazione ideologica a tratti scontata, tagliata con l’accetta, laddove noialtri avremmo gradito che certe situazioni venissero affrontate con ben altra incisività e problematicità.
Stefano Coccia