Se bella vorrai apparire, molto dovrai patire
Di rivisitazioni di celebri e intramontabili fiabe sul grande e piccolo schermo ne abbiamo viste svariate, con un sostanziale incremento di unità registrato negli ultimi decenni che l’hanno resa una pratica piuttosto comune alle diverse latitudini, volta a sopperire la dilagante siccità creativa di autori e sceneggiatori. Pratica, questa, vedi le più recenti riletture operate con Wicked o Maleficent, che consiste nello stravolgere o cambiare completamente i “connotati” alla matrice originale, alla quale era praticamente impossibile non venisse sottoposta anche una pietra miliare come Cenerentola, in particolare la versione firmata dai fratelli Grimm. Quest’ultima, oltre ad essere stata riproposta fedelmente come nel caso dell’omonimo film d’animazione di Walt Disney del 1950 nonché nel remake in live action del 2015 di Kenneth Branagh, è stata trasposta e rivisitata in tutte le salse possibili e immaginabili, compresa quella grondante e politicamente scorretta firmata da Emilie Blichfeldt in The Ugly Stepsister.
La pellicola scritta e diretta dall’esordiente regista norvegese, nelle sale nostrane con I Wonder Pictures a partire dal 30 ottobre 2025 dopo le anteprime al Sundance, alla Berlinale e al Monsters – Fantastic Film Festival di Taranto, già dal titolo non intende nascondersi giocando a carte scoperte con lo spettatore. Lo fa offrendo una versione distorta e decisamente “cruda” della tradizionale vicenda, chiedendo per la prima volta al fruitore di mettersi nei panni, come vedremo per niente invidiabili e idilliaci della sorellastra, che qui acquista un peso specifico superiore rispetto a quello di comprimario al quale siamo stati abituati ad assistere. A spostarsi è dunque la prospettiva e di conseguenza il baricentro narrativo e drammaturgico, con il testimone che passa nelle mani di una delle due sorellastre cattive, in questo caso la diciottenne Elvira (una efficacissima Lea Myren) che sogna il principe azzurro e una vita da favola. Pur di conquistarlo e avere la meglio sulla sua bellissima sorella acquisita, Agnes, la ragazza sarà disposta a sopportare qualunque sofferenza, tortura e mutilazione. Perché se la scarpetta non calza… basta tagliarsi letteralmente il piede. Ma questo è solo uno dei dolorosissimi e folli gesti che la protagonista arriverà a compiere sotto gli occhi della perversa madre e quelli impotenti della sorella minore pur di conquistare il cuore dell’amato principe al tanto atteso ballo reale. Il tutto dopo essere passata sotto i ferri del Dr. Esthétique in operazioni di chirurgia estetica parecchio costose, invasive e dolorose: la rimozione dell’apparecchio ortodontico, una rinoplastica alquanto cruenta e la cucitura di ciglia finte senza anestesia. Per non parlare del verme solitario inghiottito da Elvira, affetta da tempo da una forte iponutrizione e teniasi, per perdere peso, la cui visione dell’estrazione a mano la lasciamo all’immaginazione del fruitore.
Insomma, The Ugly Stepsister propone una visione non adatta a deboli di stomaco, piuttosto a quella fetta di pubblico amante dei “sapori forti”, quelli serviti nel menù di una fiaba che si tinge prima di nero e poi del rosso di ettolitri di sangue. Dark comedy, gore e body horror si mescolano senza soluzione di continuità per dipingere sulla tela dello schermo il percorso di trasformazione e auto-distruzione fisica e psicologica di una donna, con la mente che non può non tornare di default a The Substance, ma anche a Raw o Titane. In particolare con il controverso film di Coralie Fargeat, quello firmato dalla collega scandinava condivide una spietata e senza filtri riflessione sul tema dell’ossessione per la bellezza e il corpo femminile, alla quale si va ad aggiungere anche quella altrettanto feroce e mai banale sul ruolo della donna, vista assolutamente come subalterna al potere maschile al punto che la massima “realizzazione” della giovane Elvira è quella di farsi accettare come sposa dal principe di turno. Riflessioni, queste, che l’autrice non ha remore a fare a voce alta, con gli strumenti messi a disposizione da un mix sanguinario di generi al fine di porre ulteriormente e in maniera marcata l’accento.
Francesco Del Grosso









