L’ultima catarsi
Ci sono film che non andrebbero raccontati, ma semplicemente visti. Alcuni per una mera questione formale, che li porta ad essere godibili nel momento stesso della visione. Altri perché rimangono addosso anche tempo dopo, a causa sia della tematica trattata che per la “storia” cinematografica che sono capaci di portarsi dietro. Sia lode dunque alla lungimirante accoppiata Midnight Factory/Koch Media per aver portato in Italia, nella sua versione home video in dvd e blu ray arricchita da extra ridotti ma utili ad entrare nel cuore del lungometraggio, un’opera inedita nelle nostre sale come The Invitation, coraggiosa come poche altre nel caricare di significati nemmeno troppo reconditi quello che, sbrigativamente, si potrebbe ricondurre a buon film di genere oscillante tra il thriller e l’horror senza peraltro essere perfettamente inquadrabile in un tipico schema narrativo piuttosto che nell’altro. Ciò per merito di una componente chiave che The Invitation mette in scena con molta attenzione, cioè la sofferenza di dover vivere nonostante qualcosa. E la necessità di essere costretti a convivere con traumi esistenziali che solo a nominarli provocano un dolore fisico che è nulla rispetto a quello interiore.
Solo a titolo orientativo, l’invito del titolo riguarda una donna, Eden, ed il suo nuovo compagno, David, ritiratisi per due lunghi anni in una sperduta località messicana nel tentativo di provare a superare lutti impossibili da metabolizzare. Al loro ritorno negli Stati Uniti invitano la cerchia di antiche amicizie e non solo per un party serale indetto all’apparente scopo di riallacciare i contatti. Tra essi c’è anche Will, ex marito di lei con la quale ha subito lo shock della perdita di un figlio, dolore che li ha portati – s’intuisce – alla separazione. Will arriva nella villa delle colline losangeline in compagnia di Kira, la nuova compagnia, dopo un prologo esemplare che inizia alla perfezione un processo descrittivo delle caratteristiche del personaggio e, allo stesso tempo, getta una luce molto particolare sull’intero proseguimento del film. La sceneggiatura di Phil Hay e Matt Manfredi è perfetta nel far coincidere lo sguardo dello spettatore con quello, ancora estremamente sofferente di Will (ottima performance interpretativa di Logan Marshall-Green). Il dolore del ritorno sul luogo della tragedia – ma anche di tanti bellissimi ricordi che ora appaiono ai suoi occhi sotto una prospettiva del tutto differente – diventa per chi guarda una sorta di percezione tattile. La regia della rediviva Karyn Kusama – tornata finalmente a dimensioni produttive più personali e confacenti dopo il memorabile esordio di Girlfight (2000) e le patinate, variamente discutibili, incursioni nella fantascienza di Æon Flux (2005) e nella satira orrorifica adolescenziale di Jennifer’s Body (2009) – muovendosi tra una versione nichilista aggiornata alla contemporaneità de Il grande freddo kasdaniano e atmosfere sottilmente malsane degne del primo cinema di un vate del calibro di Roman Polanski, instrada The Invitation prima nei territori del sottogenere paranoico (è Will ad osservare gli eventi attraverso un punto di vista distorto dalla sofferenza che gli corrode l’animo?); poi, nell’ultima parte, in quelli di un orrore affatto convenzionale che conta su solidissime fondamenta a giustificarlo. Tasselli di un puzzle da comporre dove ogni gesto o parola trova la sua perfetta collocazione e conseguente risposta in ciò che seguirà, mettendo in azione un meccanismo implacabile che coinvolgerà lo spettatore sino alla sfrenata discesa finale. E, verso l’epilogo, la visione femminile di Karyn Kusama si concentra soprattutto, inevitabilmente, sulle figure di Kira ed Eden, donne autentiche in continua evoluzione conseguente ai sommovimenti (assai numerosi) del plot.
Con l’aggiunta di una domanda che resta centrale per l’intera durata di un lungometraggio condotto brillantemente dal primo all’ultimo dei suoi cento minuti di durata, al quale forse si può rimproverare (peccato assolutamente veniale) una certa distrazione verso alcuni personaggi di contorno che lo avrebbe reso altrimenti perfetto: è possibile trovare un modo per schivare i dolori insiti nella vita? La risposta è no, ovviamente. Sia perché la “soluzione finale” non può essere una via di fuga accettabile, sia perché l’essere umano, nella propria parabola di crescita anche solo per forza di inerzia, è composto anche, se non soprattutto, da tutto questo. Tuttavia il prezzo da pagare è enorme, a maggior ragione quando la profondità del dolore stesso va ad incidere in maniera indelebile sulla psiche di chi lo prova. Per tale ragione il finale iperbolico e quasi apocalittico di The Invitation non stona affatto con l’insieme, risultando in modo quantomai coerente con ciò che si è visto sino ad allora la rappresentazione definitiva di un tentativo di redenzione tanto impossibile quanto allucinato e allucinante.
Vedere per credere…
Daniele De Angelis
The Invitation
Regia: Karyn Kusama USA, 2015 Durata: 96′
Cast: Logan Marshall-Green, Tammy Blanchard, Michiel Huisman
Lingue: Inglese 5.1 Dolby Digital, Italiano 5.1 Dolby Digital, Italiano 5.1 DTS Sottotitoli: Italiano Formato: Widescreen 16:9, 2.39:1
Extra: Speciale Dietro le quinte, Trailer italiano
Distribuzione: Midnight Factory per Koch Media