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The Girl With the Needle

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VOTO: 8

I figli della vergogna

Ci sono vicende che non avremmo tanto voluto né vedere né ascoltare sul grande schermo per il semplice motivo che rappresentano delle pagine tremende e nerissime della Storia che non sarebbero mai dovute essere scritte. Ma non è purtroppo così e l’umanità per il resto della sua esistenza dovrà continuare sua malgrado a farci i conti, come una ferita sanguinante nella memoria collettiva che non vuole saperne di cicatrizzarsi. Quella raccontata da Magnus von Horn in The Girl With the Needle (Pigen med nålen) è una di queste.
L’opera terza del quarantenne regista di Göteborg (già autore di Sweat), presentata nel concorso internazionale del 34° Noir in Festival dopo avere preso parte alla competizione principale della 77esima edizione del Festival di Cannes ed essere stata scelta dall’Academy danese per la corsa all’Oscar per il miglior film straniero, rievoca il caso di omicidio seriale più controverso della storia danese, che l’autore però decide di dichiarare, contrariamente a quanto si usa fare solitamente nell’incipit dei true-crime, la veridicità di quanto narrato solamente al termine di una visione che già di suo lascia il segno e profondi strascichi nello spettatore. Se fino a quel momento si era sperato che fosse tutto frutto dell’immaginazione dello stesso von Horn e della co-sceneggiatrice Line Langebek Knudsen, alla scoperta che il tutto fosse stato invece tratto da fatti realmente accaduti lascia senza parole, come un pugno potente sferrato alla bocca dello stomaco. È così che si rimane una volta finito un film che non fa sconti a nessuno come Girl With the Needle, ossia senza fiato. La pellicola è infatti liberamente ispirata alla vera storia della serial killer danese Dagmar Overbye, che uccise tra i 9 e 25 bambini nati fuori del matrimonio, fra cui il suo, tra il 1913 e il 1920. Ambientata nella Copenaghen del primo dopoguerra, segue la storia di Karoline, una giovane operaia incinta, che accetta il lavoro di balia presso la casa della carismatica Dagmar per sfuggire alla povertà. Ma dietro la falsa vetrina di un negozio di dolciumi, la donna gestisce un’agenzia di adozione nascosta, aiutando le madri povere a liberarsi dei loro bambini indesiderati. Tra le due donne si crea un forte legame, ma il mondo di Karoline va in frantumi quando scopre la scioccante verità che si cela dietro il suo lavoro, che la porterà incontro inconsapevolmente ad un destino da incubo.
In Girl With the Needle viene disegnata la parabola umana e esistenziale di Karoline, una donna che deve compiere costantemente delle scelte, nel bene e nel male, tra l’affermazione di sé e delle costrizioni sociali. La seguiamo mentre intraprende un viaggio per sfuggire alla povertà, dove impara che è facile flirtare con il diavolo ma ci vuole un grande sforzo per amare. Con il marito disperso in guerra, sperimenta una relazione umiliante che la porta a una gravidanza indesiderata. Per una donna come lei, la vita diventa quindi un vero e proprio inferno terreno quando oltre alla sua triste esistenza si troverà a fare i conti con le conseguenze delle azioni della Overbye. Ed è lì che al suo seguito ci si ritrova scaraventati senza rete di protezione, raffigurato sullo schermo in una convincente ricostruzione d’epoca attraverso una tela ridotta in 4:3 con scale di grigio e pennellate di bianco e nero espressionista (che per resa ricorda la fotografia di Ida e Cold War), inquadrature sghembe, uscite dalle fabbriche che riproducono quelle dei Lumière e primi piani potentissimi alla Dreyer o alla Linch di The Elephant Man. Un inferno che prende così fisicità e materia audiovisiva perrestituire mediante giochi di luce e ombre tutta la brutalità di un dramma sociale e umano che sbatte in faccia al pubblico, anche grazie alla cassa di risonanza emotiva data dalle intense e coinvolgenti interpretazioni di Vic Carmen Sonne (Karoline) e Trine Dyrholm (Dagmar), le atrocità della vita e i lati oscuri della maternità.

Francesco Del Grosso

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