La strana coppia
Da dodici anni a questa parte, nella line-up della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica vengono presentati in anteprima mondiale quattro lungometraggi frutto di un programma di sviluppo e di un intenso percorso formativo di un anno per registi alla loro opera prima o seconda, sostenuti dalla kermesse stessa con un budget di 200.000 euro. Questa “bottega d’arte” denominata Biennale College Cinema ha proprio l’obiettivo di dimostrare che è possibile produrre film a micro-budget in tempi brevi, investendo in talenti emergenti e favorendo un approccio collettivo e creativo alla produzione, con risultati carte alla mano più che soddisfacenti. Tra quelli mostrati fisicamente al Lido nel corso di Venezia 81 e in contemporanea virtualmente nella sala web di MYmovies ONE figura The Fisherman di Zoey Martinson, già autrice di numerosi episodi di serie televisive di successo e di altrettanti cortometraggi, compreso quello omonimo del 2018 che ha fornito l’idea di partenza di questo che è il film d’esordio della regista e attrice ghanese.
La storia narrata ci porta al seguito di Atta Oko, un pescatore in pensione la cui vita prende una piega stravagante quando è costretto a ritirarsi e a fare coppia con un moderno pesce parlante, che lo conduce in un’avventura in quel di Accra. Insieme ai suoi tre eccentrici “soci”, inseguono il sogno di possedere una barca e attraversare il mondo moderno salvando le proprie radici. Il plot e i suoi sviluppi sono nati come dichiarato dalla Martinson dagli anni passati in un villaggio di pescatori nel Ghana e dai mondi che lei stessa sognava oltre le coste dell’oceano. Ogni pomeriggio, mentre il paese si riuniva per tirare su le reti, la sua immaginazione si scatenava con pensieri sugli straordinari tesori che potevano arrivare dal mare. Tuttavia, durante quel soggiorno ha anche assistito all’erosione della cultura e alla perdita di territorio causata dal riscaldamento globale. Il rapido sviluppo che si stava verificando nella zona ha avuto infatti un profondo impatto sui pescatori e sull’intera comunità. Come autrice di genere voleva usare la fantasia per far luce sui costi dello sviluppo e della globalizzazione nella vita tradizionale di quei luoghi e al contempo catturare lo straordinario senso dell’umorismo del Paese attraverso con una vicenda che va oltre il vero per raggiungere lo stravagante. Ecco allora che The Fisherman si è tinto di quel realismo magico che ha tramutato la pellicola in una deliziosa commedia-fantasy in odore di Dottor Dolittle (il pesce parlante che dice la sua e punta il dito) che diverte (vedi la spassosissima scena dell’inaugurazione del ristorante in cui il protagonista conosce il futuro marito della figlia e sua madre) e scalda il cuore. Il tutto passa per una deliziosa storia di amicizia e di sogni, quelli intramontabili di un pescatore amorevole, testardo e allergico ai cambiamenti, al quale però è impossibile non affezionarsi per via della performance dell’attore che lo interpreta, ossia Ricky Adelayitar.
A questo piccolo, genuino e coloratissimo film senza fronzoli e grilli per la testa, che però non nasconde le nobili intenzioni e il desiderio epidermico di parlare di temi rilevanti come quelli di cui sopra, si può rimproverare solo la durata eccessiva della timeline, con questa che va oltre quelle che sono le reali esigenze narrative e drammaturgiche del racconto. In tal senso alla regista e al montatore è scappata un po’ troppo la mano. Se si fosse puntato su un ritmo più veloce e su sequenze più snelle probabilmente il risultato sarebbe stato migliore. Resta comunque una visione piacevole e scanzonata.
Francesco Del Grosso