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Tapirulàn

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VOTO: 7

Quando il corpo parla

Dopo esser stato presentato in anteprima mondiale nella sezione ‘Panorama Internazionale’ al Bif&st 2022, Tapirulàn viene distribuito nelle sale, con la sua regista e protagonista, Claudia Gerini, che spesso lo accompagna, con l’amore e la dedizione che si nutre verso un’opera (in questo caso la prima dietro la macchina da presa) a cui si tiene tanto.
Emma (Claudia Gerini) è una counselor, ha superato i quarant’anni, ha casa da sola e si può affermare che (quasi) viva letteralmente sul tapis roulant. La vediamo lì, intenta nel compiere il programma della giornata per superare il livello o quantomeno mantenere lo standard raggiunto della forma – il tutto indicato dalla voce preimpostata nel macchinario. Sembra come se si sia appena trasferita in quella nuova casa, ma che ciò che non sia mai mancato sia proprio il tapis roulant. Proprio qui, con un ritmo iniziale anche di respirazione che colpisce lo spettatore e, dall’altra parte, sullo schermo, spiazza o innervosisce il ‘cliente’ di turno (tanto che uno non sopporta, durante la videochiamata, di essere ascoltato mentre lei corre e le chiude la telefonata); esegue il suo lavoro quotidiano sia di allenamento che di counselor.
La donna si presenta sulla carta – e al pubblico – con un punteggio molto alto, la si ammira per la forza di volontà nell’allenamento e per la capacità di resistenza nell’effettuare esercizio fisico e, al contempo, offrire le proprie consulenze. La sceneggiatura è sottile poiché certo Emma corre, corre, ma all’interno della sua casa (quando la macchina da presa inquadra l’esterno già ci lancia dei segnali, ponendo anche in contrapposizione chi sta correndo all’aria aperta).
Un giorno, inattesa, arriva una chiamata da parte della sorellastra, Chiara (Claudia Vismara), di cui non aveva più avuto notizie. La stava cercando per comunicarle che il loro padre sta morendo e che lei potrebbe aiutarlo con una donazione di cellule staminali. La nostra protagonista è un’adulta che, però, deve ancora far i conti con se stessa e con la sua famiglia, con la quale ha chiuso quando a diciotto anni se ne è andata di casa. È più ‘semplice’ dedicarsi agli altri che alle proprie ferite, ma così come Emma ha l’abilità di leggere tra le righe di chi la contatta, non ha messo in conto che anche dall’altra parte qualcuno possa scalfire la corazza che si è costruita – volontariamente e non. Un ruolo decisivo è affidato a Lorenzo (Stefano Pesce): un padre amorevole che ha tentato il suicidio (impedito proprio dall’intervento della donna, ma anche in questo caso senza muoversi di casa). Come queste solitudini si scontrino e incontrino fino a toccarsi sarebbe importante viverlo nell’esperienza cinematografica.
«La grande sfida era quella dì rendere dinamico e vivace il racconto per immagini poiché Emma rimane per tutto il film sopra una macchina imponente, dialogando con i suoi pazienti/clienti sempre e solo attraverso uno schermo», ha evidenziato la Gerini continuando «Ho cercato dì sfruttare al meglio questi ‘impedimenti e queste difficoltà, cercando di muovere il più possibile le inquadrature e facendo in modo che la partecipazione emotiva dì Emma verso i problemi dei suoi pazienti/clienti fosse davvero forte, oltre a rendere ‘tangibile’ la sua empatia attraverso i suoi occhi e i suoi respiri.
Il rischio era che lo spettatore si ‘stancasse’ di vederla sempre correre, quindi era necessario alternare molto la velocità di andatura e, soprattutto, creare un rapporto di grande reciprocità con il tapis roulant, come fosse un amico della protagonista, una zattera di salvataggio sicura. La location ha giocato un ruolo fondamentale. Non avrei potuto girare in nessun altro posto questo film!». Post visione ci sentiamo che la sfida sia stata vinta, ma non nella prospettiva di un punteggio da raggiungere, ma come un passo di crescita di una professionista che ha deciso di mettersi in discussione e, con preparazione e dedizione, si è dedicata a Tapirulàn. La Gerini ha tanti lavori alle spalle, innegabilmente c’è chi assorbe come spugna anche solo guardando chi dirige e/o facendosi dirigere… il ‘gioco’ tra interno ed esterno, con la grande vetrata della casa che dà sul parco contiene in sé diversi significati, compreso quello di accentuare la sensazione di vuoto e la paura dell’altro che, per quanto si possa ‘mascherare’, resta lì, di pari passo con il passato irrisolto. «Mi è piaciuto perfino correre dei rischi, anche perché, se non rischi, tanto nel lavoro quanto nella vita, secondo me, non evolvi», ha affermato con entusiasmo e determinazione durante l’incontro al Bif&st.
Ci preme evidenziare come alcuni temi affrontati nelle conversazioni coi pazienti/clienti (il suo supervisor, interpretato da Fabio Morici, preferisce chiamarli così e glielo ricorda) – e non solo – siano punti che stanno molto a cuore all’artista e in cui si impegna anche in prima persona attraverso associazioni e l’impegno di sensibilizzare su questioni molto attuali tramite la sua figura pubblica.
In un lungometraggio che è incentrato su Emma, ma in cui ogni volto ha la propria ‘funzione’, ci sembra doveroso citare, oltre ai già nominati, gli altri attori presenti: Maurizio Lombardi, Corrado Fortuna, Alessandro Bisegna, Daniela Virgilio, Lia Grieco, Marcello Mazzarella, Niccolò Ferrero, Antonio Ferrante e Ilaria Geshko.
«Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto.
O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto»
(da “L’arte di correre” di Haruki Murakami)

Maria Lucia Tangorra

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