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Stonewall

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VOTO: 6

Gay Power

Premessa storica: i moti di Stonewall – da cui il titolo del film – sono considerati come il momento fondamentale della legittimazione del movimento gay moderno in tutto il mondo. Nel giugno del 1969 dei violenti scontri tra la polizia e gruppi di omosessuali a New York, precisamente nel locale “Stonewall Inn”, diedero il via a una vera e propria sommossa dove per la prima volta i gay dissero basta, ribellandosi a soprusi e abusi da parte delle forze dell’ordine, urlando la loro rabbia anche contro una società che li emarginava e che li considerava malati.
La nascita del moderno movimento di liberazione gay era un episodio storico che meritava di essere raccontato, soprattutto in tempi odierni, dove incredibilmente assistiamo a una situazione che non è poi tanto migliorata rispetto a quella del ’69 (basti pensare agli ultimi accesissimi dibattiti politici e non in fatto di adozioni ecc.).
Desideroso di portare sul grande schermo quest’avvenimento da anni, Roland Emmerich è riuscito finalmente a coronare il suo desiderio con questo film, che rappresenta una piacevole anomalia in una filmografia costellata da disaster movie più o meno riusciti (come l’ottimo Stargate e l’imbarazzante 2012).
Un tema lontano dei consueti lidi del regista teutonico, che correva il rischio di trovarsi poco a suo agio con una pellicola di questo genere. Emmerich decide di puntare sul racconto corale, prendendo spunto dalle vicende di un personaggio principale per mettere in scena una sorta di romanzo di formazione che si consuma sullo sfondo delle menzionate vicende storiche.
Danny è un ragazzo dell’Indiana che si trasferisce a New York dopo essere stato ripudiato dal padre, incapace di accettare un figlio omosessuale. Arrivato nella Grande Mela, il liceale fa subito la conoscenza di un gruppetto di “ragazzi di vita”del Greenwich Village: tra homeless, trans e drag, Danny trova una nuova famiglia in questo pittoresco e irresistibilmente simpatico gruppetto di anime abbandonate.
Puntando l’occhio su Danny e il suo gruppo, Emmerich ricrea l’atmosfera di quegli anni, puntando tutto su ambientazioni e costumi, molto ben resi e ricercati. Se la vicenda di Danny appassiona fino a un certo punto, ciò che tiene alto il ritmo e l‘interesse è sicuramente il microcosmo che lo circonda, popolato da personaggi ben caratterizzati e che strappano più di un sorriso.
Banalizzando forse un po’ alcuni aspetti, Emmerich decide di non puntare la sua narrazione sui moti di rivolta, relegando l’episodio agli ultimi frettolosi minuti del film, e questo risulta essere il limite più grande di una pellicola che, seppur godibile, tralascia l’aspetto storico che meritava di essere approfondito maggiormente. Chi cerca un resoconto di quelle notti rimarrà deluso, trovandosi di fronte a un racconto di formazione divertente che non disprezza momenti di sentimentalismo. Nonostante questo, va dato merito a Emmerich di essersi messo in gioco e averci provato.

Giacomo Perruzza

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