Riempire la vita
Molto spesso i film incentrati su personaggi con handicap fisico possiedono qualcosa di vagamente ricattatorio. Nel senso che possono indurre a loro piacimento nello spettatore la compassione, nel migliore dei casi, oppure la commiserazione, nello scenario peggiore, verso il protagonista, uomo o donna che esso sia. Un certo livello di empatia sarà così facilmente ottenuto; tuttavia nascono perplessità critiche quando il gioco si fa troppo scoperto, quasi al limite di una forma di voyeurismo per molti aspetti assai discutibile. Tali ragionamenti non sfiorano nemmeno le qualità intrinseche di un’opera come Il mio piede sinistro (My Left Foot, 1989), a ragione considerato ancora oggi uno dei biopic maggiormente asciutti ed essenziali sulla tematica.
Basato sulla vera storia di Christy Brown, colpito da paresi cerebrale al momento della nascita e per tale ragione impossibilitato a muovere il suo corpo ad eccezione del piede sinistro, immortalata peraltro da un romanzo autobiografico avente il medesimo titolo del film, l’esordio cinematografico dell’allora quarantenne regista Jim Sheridan raccolse, giustamente, elogi e premi in tutto il mondo. Anche perché il punto di forza del lungometraggio risiede non solamente nel realismo attraverso il quale è mostrata l’enorme difficoltà di adattamento alla vita di Christy – uno dei dodici, tra fratelli e sorelle, di una cattolica famiglia irlandese non certo benestante – ma soprattutto nel trattare la menomazione fisica semplicemente come tale, perciò alla stregua di un (altissimo) ostacolo superabile grazie ad una grande forza di volontà. Christy Brown sarà alla fine un uomo che è riuscito a vivere la vita che voleva a tutti i costi, raggiungendo quella dimensione umana fatta di sentimenti quali amore, odio, passioni che tutti gli precludevano al momento della diagnosi della sua malattia. Esemplare la sequenza durante la quale Christy afferra con le dita del piede attivo un gessetto, scrivendo sul pavimento la parola mother, mamma. Cioè la persona che ha dedicato gran parte della propria vita al suo accudimento. Solo allora in famiglia, soprattutto da parte paterna, si avrà la convinzione che Christy non è un minorato anche in chiave mentale, bensì una persona nel pienissimo possesso delle sue capacità intellettive. E dunque il padre stesso – figura controversa catalizzatrice del rancore di Christy in molti frangenti – lo porterà al pub, suggellando con orgoglio verbale la sua, autentica, appartenenza al nome dei Brown.
Senza nessuna necessità di “caricare” ulteriormente un materiale narrativo di per sé colmo di sottotesti che sta poi alla sensibilità del singolo spettatore cogliere ed eventualmente sviluppare, Il mio piede sinistro – anche a distanza di anni – si conferma un testo filmico del tutto aperto e perciò suscettibile di svariate letture. Ad esempio la palpabile e soffocante atmosfera di conservatorismo religioso che si respira(va) nella Dublino più popolare; oppure l’esigenza di Christy di non sentirsi mai fenomeno da baraccone, a maggior ragione nel momento in cui sviluppa un’acuta predisposizione alla pittura e alla scrittura, fattore che spesso lo conduce a reazioni incontrollate. Perfettamente comprensibili per la sua esigenza estrema di normalità. Ogni fattore descrittivo, comunque, confluisce in un ritratto personale di quelli impossibili da dimenticare, anche per merito delle interpretazioni di un fenomenale Daniel Day-Lewis – allora trentaduenne ma credibilissimo anche nei panni di Christy poco più che adolescente; il quale attore non imita Christy Brown ma ne offre la propria personale visione, da interprete già perfettamente maturo – e l’ottima Brenda Fricker nella parte della madre. Entrambi meritatamente vincitori del premio Oscar rispettivamente come attore protagonista e attrice non protagonista. Con in più l’apporto decisivo di un Jim Sheridan che in questo e nei tre film successivi – Il campo (1990), Nel nome del padre (1993) e The Boxer (1997) – si sarebbe confermato ottimo cantore di un’Irlanda sospesa tra pulsioni ataviche e modernità che avanza. Tutto ciò prima di guardare all’America e perdersi, artisticamente parlando, nei suoi infiniti meandri tra film del tutto superflui come il remake Brothers (2009) o pesantemente sbagliati tipo l’horror Dream House (2011).
In attesa di sviluppi futuri sulla filmografia dell’ormai veterano Sheridan, intanto godiamoci questo bellissimo Il mio piede sinistro, edito in home video da Koch Media in un’edizione di ottima qualità tecnica pure se privo – probabilmente per il lasso di tempo ormai intercorso dalla realizzazione del film stesso – di qualsiasi extra. In questo caso il film stesso è ampiamente sufficiente a consigliarne la visione.
Daniele De Angelis
Il mio piede sinistro
Regia: Jim Sheridan Irlanda, UK 1989 Durata: 103′
Cast: Daniel Day-Lewis, Brenda Fricker, Ray McAnally
Lingue:Italiano DTS HD 2.0, Inglese DTS HD 2.0
Formato: 16:9 (1.78:1)
Sottotitoli: Italiano
Extra: assenti
Distribuzione: Koch Media