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Senza chiedere permesso

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VOTO: 7.5

La vita, il puzzle

Rispetto a Le Chat Noir – cortometraggio recensito su questa rivista poco tempo fa – Senza chiedere permesso, mediometraggio dalla cui costola era nato il corto stesso, aumenta non solo il minutaggio ma anche il livello di ambizione. Se il primo lavoro era prevalentemente incentrato sullo smarrimento della funzione originaria dell’Arte in rapporto con la società, il secondo abbraccia tematiche più vaste, finendo con il risultare un gioioso poemetto sul senso ultimo dell’esistenza, in riuscito e per nulla semplice equilibrio tra onirismo, surrealismo e sottile critica sociale. Del resto appare subito evidente come Iolanda La Carrubba regista e sceneggiatrice – insieme alla “nostra” Sarah Panatta – sappia esattamente cosa vuol raccontare e come rappresentarlo figurativamente. Le immagini “distorte”, volutamente alienanti, conducono lo spettatore da subito in un altrove non meglio definito, che troverà parziale spiegazione solo nella sequenza prefinale, in cui la rielaborazione di sequenze in libertà acquisirà (forse) una propria unità di lettura. Sempre che il misterioso puzzle dell’inconscio abbia mai qualche possibilità di essere ricomposto nella sua completezza.
Ci troviamo, insomma, in quella “condizione” di cinema che attinge a piene mani dalla sua stessa storia – Federico Fellini, David Lynch. Tanto per fare due nomi illustri… – rielaborandola con intelligenza e acume, senza essere affatto penalizzata, anzi forse stimolata, dalla scarsità di mezzi disponibili. Con inoltre il valore aggiunto, almeno per una pellicola a tale budget, di contare sulla performance artistica di un Fabio Traversa (interprete di tanti film di Nanni Moretti, nonché indimenticabile Fabris in Compagni di scuola di Carlo Verdone, nel lontano 1988) in senso assoluto vicino alla perfezione nella parte principale. Chi meglio di lui avrebbe potuto sottolineare, attraverso il suo modo di fare straniante e stranito, l’insensatezza generale di un’esistenza capace di trovare un barlume di spiegazione “logica” solo nella realizzazione concreta di un rapporto sentimentale? Davvero pochissimi altri. E dunque notevole rilievo assume, nella galleria di situazioni bizzarre e personaggi decisamente borderline (peraltro interpretati da un cast ottimamente sintonizzato con il senso ultimo dell’operazione) che sfila di fronte alla telecamera di Iolanda La Carrubba, la figura femminile della compagna di Traversa, Tiziana Lucattini, autentica scialuppa di salvataggio in quel metaforico mare in tempesta che è sempre stata, dalla notte dei tempi sino ad oggi, la vita vissuta. Senza chiedere permesso, nella propria essenza, diventa così quasi un inno a prendersi per mano, a sostenersi nelle difficoltà che mai mancano e soprattutto a superare quell’afasia che impedisce di comunicare, nel senso più completo del termine, persino con le persone più care. Tutto ciò raccontato con uno stile brioso e privo di visibili momenti di pausa, che offre il meglio di sé allorquando si distacca del tutto dal, comunque flebile, canovaccio narrativo per approdare in quei territori in apparenza assurdi che, nemmeno troppo paradossalmente, riescono a raccontare molte più verità di un documentario sulla realtà effettiva.
Si sorride, ma sempre con uno spunto di riflessione, nel film di Iolanda La Carrubba. Fedeli all’inevitabile assunto “panta rei” le autrici dello script ci invitano, in modo mai esplicito bensì deliziosamente entro le righe, a vivere la vita cercando lo stato di grazia con dolcezza ma anche con determinazione, appunto senza chiedere permesso a nessuno per qualunque utopia si voglia costruire. Loro, Iolanda la Carrubba e Sarah Panatta, ci stanno provando meritoriamente, usando la lanterna filosoficamente rischiarante dell’arte alla maniera di un Diogene dei nostri tempi. E, come nel caso di tanti altri giovani filmmaker poco noti ma con valorose istanze da esprimere, diviene ora compito del pubblico dare una chance di visibilità a tali lavori. I quali non arriveranno purtroppo a semi-domicilio nel cinema più vicino a casa, ma bisognerà uscire, per andare a cercarli e possibilmente trovarli. Varrà la pena abbattere la pigrizia e trovare il tempo per ammirare qualcosa di veramente personale. Originale come tutte le cose provenienti dalla più intima sensibilità delle persone.

Daniele De Angelis

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