Il gatto è maschio
A Le Chat Noir (Il gatto nero), cortometraggio diretto da Iolanda La Carrubba, non manca certo l’ambizione di fare il punto su alcuni aspetti del cosiddetto “stato delle cose”. Grazie alla presenza di attori di sicuro peso e talento come Fabio Traversa – antico sodale artistico di Nanni Moretti – e Tiziana Lucattini, il corto fornisce nella prima parte una minuziosa fotografia del rapporto di coppia in un interno, immortalata in quel periodo critico dove la passione fisica è venuta meno, per motivi di età, facendo affiorare divergenze non imprevedibili. Tutto è a rovescio, fuori posto: l’uomo si lamenta del ruolo ancora troppo “femminista” della donna nella società contemporanea, mentre la donna afferma che il vero discriminato è da sempre l’uomo, incapace di partorire senza che la scienza ponga riparo a questa ingiustizia. La donna è forte, il vero sostegno della coppia. Intanto l’uomo si interroga su quale piede sia meglio poggiare in terra dal letto per iniziare al meglio la giornata (l’eterno dilemma, non solamente politico ma addirittura esistenziale, tra destra e sinistra) dopo essersi ritrovato i piedi di lei sul viso durante la notte insonne. Sottosopra, appunto.
Siamo, in tutta evidenza, alla presenza di due archetipi maschili e femminili. La cinepresa deforma il quotidiano sottolineando il tratto onirico-simbolico e inquadrando sovente gli specchi di casa per una ulteriore deformazione di secondo grado, in cui viene riflessa l’eterna dualità, forse irrisolvibile, dell’individuo di sesso maschile. Un gatto nero circola nell’appartamento, vero o raffigurato, a rafforzare la sensazione di un’estrema singolarità della situazione: una donna che trae la sua forza dal proprio ruolo, un uomo che manifesta le sue incertezze attraverso indecise velleità artistiche. Lei è naturalmente tale; lui obbligato ad una ricerca quasi impossibile di se stesso, del proprio senso nella società. E tuttavia, con l’ingresso in scena di altri personaggi tra i quali una deliziosa ragazza francese interpretata dalla collaboratrice di CineClandestino Sarah Panatta (anche co-sceneggiatrice del corto, assieme alla regista) e lo spostamento di ambientazione nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna, diventa ben chiaro come pure l’Arte con la a maiuscola stia smarrendo il proprio ruolo di riferimento agli occhi di tutti, confusa da un uso improprio esclusivamente finalizzato, nel corso del tempo, a scopi di inganno e guadagno. Perché inevitabilmente la sua fruizione dipende sempre dallo sguardo altrui, divenuto ormai “impuro” da decenni di condizionamento esterno. Al povero Fabio Traversa non resta allora che ricalcare, in una posa plastica ricorrente nel cortometraggio, il celebre L’urlo di Edvard Munch di fronte alla resa quasi incondizionata – anche sua – di fronte alla mediocrità generale. Salvo poi soffocarlo metaforicamente ingerendo una banana, come a dire che l’ignavia e l’istinto di adattamento alla fine sono spesso “difetti” innati destinati a prevalere.
Mala tempora currunt, insomma. Ed è importante che a dircelo siano anche, in toni apparentemente leggeri ma in realtà criptici e acuti, brevi opere cinematografiche condensate in poco più di otto minuti come questo Le Chat Noir, cortometraggio estratto da un lungometraggio in lavorazione dal titolo Senza chiedere permesso, del quale senz’altro riparleremo.
Daniele De Angelis