L’attore lituano era noto all’estero soprattutto per Solaris di Andrei Tarkovskij, film di cui era stato protagonista.
In coda a questa estate che si è già portata via pezzi importanti della Storia del Cinema, arriva un altro lutto rispetto al quale viene naturale provare una certa empatia. Eppure, complice il contemporaneo svolgimento della Mostra del Cinema di Venezia, c’è il serio rischio che la morte di Donatas Banionis (1924- 4 settembre 2014), passi praticamente inosservata, persino presso i cinefili più accaniti. Per non parlare poi dei media nazionali tradizionalmente orientati verso ben più frivoli orizzonti. In realtà fuori da certi confini il nome dell’attore lituano, popolare un tempo presso il pubblico sovietico, potrebbe suggerire soltanto vaghe reminiscenze, se non fosse per quello che non si può certo considerare un “dettaglio”: fu lui a impersonare l’indimenticabile figura dello psicologo Kris Kelvin, in Solaris.
Tirando le somme, di Donatas Banionis si può intanto dire che è stato il protagonista di uno dei capolavori più grandi realizzati da Andrei Tarkovskij. Nel film, datato 1972, l’intensità dei suoi onirici duetti con un altro volto celebre del cinema sovietico (figlia, peraltro, del cineasta russo Sergei Bondarchuk) come la magnetica e incantevole Natalya Bondarchuk (ovvero Hari, doppio della moglie di Kris morta suicida), ha lasciato segni indelebili sulla pellicola. In un contesto filmico dove realtà, ricordo, misticismo, struggimento interiore e desiderio di conoscenza si fondevano mirabilmente, lo sguardo profondo e malinconico di Banionis ha rappresentato uno dei portali attraverso i quali si manifestava, proiettandosi negli algidi corridoi della stazione orbitante, la carica introspettiva dell’opera. Anche per questo vi abbiamo voluto regalare, alla fine dell’articolo, uno degli spezzoni di maggior bellezza e visionarietà, la sequenza della levitazione dei due nella stanza. Capelli mossi, brizzolati. Corporatura massiccia. Un’espressione facciale perennemente turbata e al contempo energica, generosa, come il movimento delle sue mani. Questa è l’immagine dello psicologo Kris Kelvin che lo schermo continua a rimandarci, replicando all’infinito lo spaesamento e i sentimenti contraddittori, dolenti, di un uomo sospeso tra la memoria di un amore perduto e la tentazione di varcare i confini della razionalità; per abbandonarsi così agli impulsi di una coscienza aliena dai tratti misteriosi, ed eppur così empatica, famigliare, vicina, nonostante l’apparente diversità della magmatica e insondabile superficie di Solaris.
Cos’altro si può dire del grande attore sovietico/lituano, deceduto in un ospedale di Vilnius due giorni dopo che era stato colpito da un ictus? Sin dall’età di 17 anni è stato un apprezzatissimo interprete teatrale. Ma purtroppo il resto della sua filmografia (al pari di una parte consistente della vasta produzione cinematografica sovietica), specialmente in Italia, non è molto conosciuto. Sporadicamente il suo nome si è elevato oltre i successi raccolti in patria, comparendo in qualche co-produzione internazionale di rilievo: in Goya o il percorso difficile della conoscenza (1971), per esempio, dove proprio a lui toccò il ruolo del geniale artista iberico. Trattavasi in quel caso di un impegnativo lungometraggio co-prodotto da URSS, DDR, Bulgaria e Yugoslavia, per la regia del tedesco Konrad Wolf. Mentre c’è un’altra e precedente pellicola frutto di collaborazioni internazionali che va senz’altro ricordata, poiché avvicina la figura di Banionis al cinema di casa nostra e alla stessa storia d’Italia. Caso non peregrino di cooperazione tra italiani e sovietici, un film come La tenda rossa (1969) venne affidato al regista di origine georgiana Mikhail Kalatozov, che poté così raccontare la sfortunata avventura nell’Artico del comandante Umberto Nobile e del suo dirigibile, affidandosi a un cast di livello internazionale in cui spiccavano le presenze di Claudia Cardinale, Peter Finch, Massimo Girotti, Hardy Krüger, Nikita Mikhalkov e addirittura Sean Connery, nel ruolo dell’esploratore norvegese Amundsen. In questa equipe cosmopolita il nostro Donatas Banionis impersonava Mariano, un uomo dell’equipaggio di Nobile mossosi alla ricerca di soccorsi, tra le vaste e desolate distese di ghiaccio, insieme ad altri compagni. Con questo singolare episodio chiudiamo il ricordo di un interprete carismatico, intenso, il cui ricordo coinciderà sempre per noi col mito indistruttibile di Solaris.
Stefano Coccia