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Satoshi Kon: The Illusionist

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VOTO: 7.5

Un creatore di sogni (e di incubi) scomparso troppo presto

Corsi e ricorsi storici. Era stato proprio a Bologna che il sottoscritto aveva scoperto la poetica inconfondibile di Satoshi Kon, grazie al lungimirante omaggio resogli dal Future Film Festival quasi agli albori della sua carriera cinematografica. Nella circostanza furono due seminali capolavori a essere proiettati, Perfect Blue (1997) e Millennium Actress (2001). Il cerchio si è idealmente chiuso quest’anno. Nel senso che la XXI edizione del Future Film Festival da poco conclusasi è tornata a occuparsi del geniale autore nipponico, prematuramente scomparso nel 2010 per un tumore, attraverso un evento molto atteso dai tanti fan del regista: la presentazione di Satoshi Kon: The Illusionist (Satoshi Kon, l’illusioniste), il documentario realizzato in Francia da Pascal-Alex Vincent.

Un paese, la Francia, dove pure non sono pochi gli estimatori di Satoshi Kon o magari quelli che hanno avuto qualche importante contatto di natura artistica e personale con lui. Vedi il caso di Marc Caro, intervistato nel film a proposito de La città perduta.
Le sue sono soltanto alcune tra le dichiarazioni di affermati professionisti del cinema e del fumetto, che attestano quanto abbia saputo scavare in profondità l’opera del geniale autore orientale, capace di tracciare un solco nell’immaginario collettivo e di stabilire nuovi confini tra sogno e realtà.
Altra testimonianza illuminante è per esempio quella di Darren Aronosfky, parimenti ispirato e ammaliato dalle visioni di Kon. Ulteriori interventi raccolti da Pascal-Alex Vincent tra collaboratori del regista nipponico, studiosi dei suoi lavori e altre personalità cinematografiche a lui legate finiscono per destare tanta ammirazione quanta commozione, a causa di quella vita spezzatasi troppo presto. Con un altro lungometraggio d’animazione già in cantiere, tra l’altro, che purtroppo per il progredire della malattia non venne mai completato…

Pescando tra i nomi coinvolti nel documentario escono fuori, oltre quelli precedentemente citati, i vari Mamoru Oshii, Rodney Rothman, Mamoru Hosoda, Jérémy Clapin e Masao Maruyama, cofondatore di Madhouse. Figure a lui più o meno vicine, che si accalorano nel testimoniarne il carattere, la passione per il lavoro, l’attenzione per i risvolti più problematici della società giapponese e persino un’ambizione, forse utopistica ma senz’altro lodevole, a riformare in senso democratico ed economicamente solidale la politica interna degli studios d’animazione nipponici.
Costoro ci accompagnano nel corso di Satoshi Kon: The Illusionist alla riscoperta delle varie tappe che ne hanno caratterizzato la carriera, dagli esordi come disegnatore di manga ai non tantissimi ma tutti indimenticabili film realizzati per le sale, passando poi attraverso una serie animata che fece scalpore per la sua vena immaginifica e i temi trattati, così inclini al perturbante: Paranoia Agent (2004). Rivedere infine spezzoni di Tokyo Godfathers (2003) o del cult assoluto Paprika (2006) fa venire indubbiamente una stretta al cuore, data sia dalla bellezza dei film in questione che dal pensiero di cosa ci avrebbe potuto ancora regalare.

Stefano Coccia

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