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San Andreas

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VOTO: 4

Familiari Terremoti Hollywoodiani

Hollywood si diverte sempre tantissimo a mettere in scena la distruzione più assoluta, il disastro, l’apocalisse che scalfisce le solide basi della grande nazione a stelle e strisce che, comunque vada, è sempre pronta a risollevarsi dalle proprie macerie con fierezza e rinnovato spirito yankee. Un disaster movie, categoria nella quale per l’appunto fa parte San Andreas, corre sempre però il rischio di camminare sul filo del rasoio, in bilico tra quell’umorismo involontario costantemente dietro l’angolo, nonostante il tema greve che si vorrebbe restituire all’opera, e quell’eccesso di epicità retorica e nazionalista che molte volte si respira in molta produzione americana.
Il film di Brad Peyton parte subito col piede sull’acceleratore, e con poche ma suggestive e ben realizzate sequenze, veniamo catapultati nell’ambiente che ci circonda: siamo in California, e la clessidra che conta i granelli che mancano al momento del fantomatico “Big One” – il terremoto devastante dovuto allo spostamento della placca di San Andreas – è arrivata alla fine. La terra trema, e tutta la costa Californiana è interessata da terribili scosse.
In questo scenario si muove un uomo, Ray Gaines (Dwayne “The Rock” Johnson), pilota di elicotteri del soccorso aereo, che intraprende un viaggio disperato da Los Angeles a San Francisco per andare alla ricerca di sua figlia Blake (Alexandra Daddario), rimasta coinvolta nella scossa più devastante che ha raso praticamente al suolo la città del Golden Gate.  Non è solo nel viaggio: al suo fianco l’ex-moglie Emma (Carla Gugino), e proprio la figura della donna darà vita a un patetico quando improbabile “Journey through the past” matrimoniale, fatto di ricordi dolorosi (la perdita della primogenita), accuse e ricorsi, chiarimenti e riappacificazioni: insomma, la famiglia americana che si ricongiunge mentre davanti ai nostri occhi la California – e San Francisco in particolare – vengono distrutte come nemmeno Godzilla avrebbe saputo fare.
Due linee narrative si dipanano a questo punto: da una parte abbiamo la coppia alla ricerca della figlia, dall’altra la prode Daddario (già appezzata in True Detective per le sue doti non prettamente attoriali) che, in quel di Frisco, se la cava egregiamente da sola mettendo in atto gli insegnamenti di papà, che dall’alto della sua esperienza come soccorritore l’ha istruita bene sul da farsi qualora le si dovesse prospettare davanti agli occhi la fine del mondo.
Se da un lato prettamente spettacolare San Andreas svolge benissimo il suo compito (la distruzione digitale di mezza California fa davvero impressione), il vero terremoto il film però lo mette in scena con dei dialoghi imbarazzanti e una sceneggiatura che definire telefonata è riduttivo. Ovviamente, non si può richiedere a questo tipo di pellicole uno spirito impegnato: spettacolo è, e spettacolo deve rimanere, certo; ma un’esasperante esagerazione e il costante ricorrere alla situazione eccessiva alla lunga annoiano e indispongono. Un disaster movie che s’immedesima bene nel suo genere: un film disastro, per l’appunto.

Giacomo Perruzza

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